La donna nella cultura africana: intervista a Gemma Vecchio

Oggi intervistiamo Gemma Vecchio, uno dei relatori del “Cortile degli Studenti – Prepotenza e Paura” che si terrà domani, giovedì 30 marzo, presso la Sala Tirreno della Regione Lazio.

Gemma è una donna eritrea che ha attraversato il Mediterraneo per arrivare in Italia, dove ha fondato l’associazione Casa Africa.

Quando abbiamo iniziato a parlare di violenza sulle donne con alcuni studenti nei mesi scorsi, c’era anche lei. La sua testimonianza ha lasciato i ragazzi basiti, in particolar modo ha colpito la spiegazione del termine “Difret”, che in aramaico significa sia “vittima di violenza” sia “coraggio”. Due realtà che Gemma conosce bene e con cui ha a che fare ogni giorno, vista l’attività che svolge con la sua onlus.

Dal 1979 mi occupo di immigrati e di chiunque abbia bisogno. Con Casa Africa offriamo informazione in tutte le lingue e dialetti africani. Dimostriamo che l’esperienza della traversata spesso ha conseguenze tragiche e che il benessere e la facile ricchezza sono solo un pericoloso miraggio. Ciò anche grazie alla testimonianza di chi l’ha vissuta direttamente. Insegniamo agli immigrati la lingua italiana e un mestiere, grazie a imprese artigiane, industriali, commerciali e turistiche del territorio. Sosteniamo le mamme con cibo e pannolini, ma anche economicamente. Le seguiamo nella gravidanza e nel parto, procuriamo loro il necessario, iscriviamo i bambini a scuola”.

Se le si chiede di spiegare la situazione della donna africana, Gemma risponderà che il problema è la mancanza di sensibilità diffusa a livello globale e in diverse forme, dalla più cruda infibulazione all’isolamento sociale, prescindendo dalla religione che si pratica. “La violenza sulle donne è uno degli aspetti sui quali l’uomo, nelle società tribali e non solo, è rimasto indietro, non si è evoluto”.

Quindi in Africa cosa si fa contro la violenza sulle donne? “Poco e niente, non ci sono le risorse. In pochi paesi si fanno cose concrete, come in Etiopia o in Eritrea. Le donne premiate sono fortunate e spesso benestanti che riescono a fare del bene, per il resto è complicato per mancanza d’istruzione e sanità, c’è molta ingiustizia economica-sociale”.

Cosa potrebbe fare la differenza per lo sviluppo dell’Africa?

Importante è il ruolo dell’istruzione ai fini della maturazione della consapevolezza, quella consapevolezza che porta la ragazzina etiope di 13 anni, una volta liberata dalle atroci sofferenza subite, ad un pianto triste segnato dalla cognizione di vivere in una società che non consentirà mai a lei e alle sue sorelle la piena libertà e serenità”.

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