Contro la Violenza: cosa ne pensano i giovani?

Ogni anno oltre cento donne in Italia sono uccise da uomini, quasi sempre, da coloro che sostengono di amarle. Circa sette milioni, secondo i dati Istat, le donne che, nel corso della propria vita, hanno subìto una forma di abuso.

Cosa s’intende, però, per violenza”? Il termine deriva propriamente dal latino violentus, inteso come “forza, vigore, possanza”. La terminazione ulentus indica “eccesso, un individuo che agisce e usa la forza”, altrimenti, “impetuoso, furioso”.

Si tratta, dunque, di un dato naturale, insito nella natura stessa dell’uomo, di dominare, anche fisicamente, un altro essere come lui.

Secondo la Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite di Vienna del 1993, la violenza contro le donne indica: “Qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà, sia che si verifichino nel contesto della vita privata, che di quella pubblica”.

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Non esiste un profilo della donna-tipo che subisce violenza o dell’uomo-tipo che fa violenza. Sono stuprate e picchiate donne di tutte le età, condizione economica, sociale e culturale. Per sua natura la donna è refrattaria alla lotta, alla guerra, perché incline a dare la vita, anziché toglierla. Gli uomini violenti appartengono a tutte le classi sociali e ostentano una maschera d’invincibilità e perfezione, un chiaro rimando all’idea di macho, eredità di una cultura patriarcale.

La violenza maschile sulle donne assume molteplici forme e modalità, sebbene la violenza fisica sia la più facile da riconoscere. Generalmente gli episodi di maltrattamento si verificano ciclicamente, a intervalli sempre più brevi, in un crescendo di gravità. Il fenomeno è definito ciclo della violenza e al suo interno si possono distinguere tre fasi: la costruzione della tensione, l’esplosione della violenza, seguita, infine, dal pentimento-perdono e un ritorno, seppur momentaneo, della coppia all’affettività.

La violenza è, dunque, il suono ridondante di uno schiaffo stampato su una guancia e sùbito coperto dai capelli, o da una banale scusa di un incidente domestico. È la speranza, vana e insana, di una donna che cerca di credere che quei segni sul corpo siano solo frutto di un momento, di un istante d’ira, che non ricapiterà più o, frutto della svalorizzazione di sé, della convinzione di “averla cercata”. È vivere nel terrore: nella sensazione che sia impossibile sottrarsi al potere dell’altro, nel timore di ritorsioni se si sceglie di non amare più, o se si sceglie di ribellarsi, di lottare per se stesse.

Ma cosa ne pensano i giovani di oggi? Che idea hanno della violenza, del problema della relazione tra quest’ultima e la sessualità e, infine, delle diverse questioni come il possesso, il controllo e “l’altro come proprietà”?

Il Cortile degli Studenti ha riflettuto sul tema della violenza contro le donne cercando di indagare, attraverso il dialogo, sulla natura e sulle cause della violenza.