I mille e uno volti assunti da Satana

da Il Sole 24 Ore – 7 maggio 2023 – di Gianfranco Ravasi

In questo articolo il Cardinal Ravasi ripercorre l’evoluzione della figura di Satana da agente del Signore ad avversario Divino.

Non è solo nelle favole di Esopo, di Fedro o di La Fontaine che gli animali parlano e ammoniscono gli umani. Anche nella Bibbia, in un racconto arcaico del libro dei Numeri, c’è un’asina che interpella chi la sta cavalcando, un «profeta» pagano di nome Balaam: lasciamo ai lettori di ritrovare quella deliziosa narrazione nel c. 22 del libro citato. Noi, però, puntiamo a un versetto, il 22, e lo proponiamo nella versione ufficiale della CEI: «L’ira di Dio si accese perché Balaam stava andando; l’angelo del Signore si pose sulla strada per ostacolarlo». Ora, se risaliamo all’originale ebraico, la finale è sorprendente: «si pose sulla strada come suo satana».

Appare un termine che di solito ha l’articolo «il/un satana» e designa di per sé un funzionario della corte divina, il cui significato è «avversario» o «accusatore». Egli entra in scena in altri passi biblici con un incarico non necessariamente negativo; anzi, in qualche caso il suo profilo sembra essere quasi quello di un pubblico ministero che indaga sulla colpevolezza di una persona, riferendone poi al giudice supremo divino. Qualcosa del genere sembra accadere anche nel racconto di apertura di quel capolavoro letterario e teologico che è il libro di Giobbe (cc. 1-2) ove «il satana» è uno dei «figli di Dio», ossia gli angeli del consiglio della corona del Signore.

In verità, alcuni studiosi ritengono che a lui sia assegnato in quel caso il compito di «giustiziere», di vero e proprio aggressore che vaglia la qualità morale degli esseri umani, nella fattispecie di Giobbe, un innocente che è travolto ma che non cede e avvia una sorta di contestazione radicale nei confronti del Mandante divino. Lo studioso statunitense Ryan E. Stokes interpreta così quella figura in un saggio minuzioso e avvincente, svelandone però anche l’evoluzione a cui essa è stata sottoposta fino a essere trasformata da agente di Sua Maestà il Signore in un suo tenace avversario, un personaggio alonato da tutti i fumi del diabolico. Non per nulla il titolo dell’opera dell’esegeta americano recita Come il giustiziere di Dio è diventato il nemico per eccellenza, soprattutto sulla base della letteratura apocrifa giudaica.

Subentra, così, quella rappresentazione anche cristiana che rende il Satana il principe degli angeli ribelli a Dio, sconfitti e scaraventati sulla terra, come rievoca con righe incandescenti l’autore dell’Apocalisse neotestamentaria: «Il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli» (12,9). Per approdare a questa metamorfosi demoniaca è, però, necessario inoltrarsi nella foresta lussureggiante dei simboli apocrifi, ed è ciò che fa con acribia questo docente dell’Università di Jefferson City, nel Tennessee.

Gli scritti presi in esame sono molteplici e hanno titoli attribuiti dagli studiosi che li maneggiano con approcci sofisticati data la loro complessità. Così entra in scena il Libro dei Vigilanti del III secolo a.C.; subentra l’Epistola di Enoc che sposta l’accento sulla responsabilità umana nel male attraverso l’esercizio della libertà; imponente è la letteratura «satanica» dei celebri manoscritti di Qumran sulla riva occidentale del mar Morto; curioso è il Libro dei Giubilei del III a.C. In questo scritto entra in azione un misterioso «Principe di Mastema» con una sua legione di spiriti maligni. L’etimologia di quel nome è da ricondurre alla radice ebraica stm che denota un’attività ostile, ed è uno pseudonimo di Satana.

Egli, da un lato, si inquadra nel progetto divino perché inganna e flagella le nazioni idolatriche attraverso i suoi emissari nocivi; dall’altro lato, è un avversario di quel piano divino attraverso l’opera di seduzione ostile nei confronti del popolo di Dio. Si intuisce, perciò, che in quelle pagine confluiscono – quasi come in un delta ramificato – le correnti di tradizioni diverse. Questa fluidità rende impegnativa la definizione di una mappa ove si affollano spiriti, demoni, Satana e attori enigmatici sovrumani come il Belial che fa coppia con Satana. Anche in questo caso si tratta di un nome comune che rimanda a concetti di «indegnità» e persino a connotazioni di morte e nullità.

Nell’orizzonte già evocato dei rotoli di Qumran esso ha il profilo di un angelo che tormenta gli israeliti secondo la duplice finalità rivestita dal Principe di Mastema. È sorprendente l’unica sua presenza nel Nuovo Testamento in un passo dell’epistolario paolino tutto intessuto di inattesi rimandi qumranici (2 Corinzi 6, 15 con la forma Beliar: «Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra fedele e infedele?»). Questa incursione nelle scritture cristiane ci permette di concludere, come fa Stokes, intercettando Satana nel messaggio del Nuovo Testamento ove si presenta per 36 volte con chiare connotazioni diaboliche, accanto a una varia tassonomia di altri esseri negativi sovrumani, in particolare ho diàbolos, il «divisore», avversario di Dio e dell’umanità, in duello con Cristo.

Si configura, così, una serie di questioni roventi, come quelle del nesso tradizionale colpa-castigo, della tentazione, del peccato, della libertà e del male. In verità, al di là dell’entusiastico ed enfatico Inno a Satana di Carducci, nella cultura contemporanea vale quanto ironicamente confessava Gide: «Non credo nel diavolo, ma è proprio quello che il diavolo spera».

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