I bambini bengalesi

Con quasi 166 milioni di abitanti il Bangladesh è tra i paesi più densamente popolati del mondo ma la maggior parte dei suoi abitanti vive sotto la soglia di povertà. Una condizione causata in larga scala da disastri naturali come siccità e continue inondazioni, frutto di un incessante innalzamento del livello del mare, ma anche da questioni interne legate alla corruzione, alla disuguaglianza sociale, e all’accesso all’istruzione.

A soffrire maggiormente di questa situazione sono i bambini, costretti a lavorare già in tenera età per guadagnarsi da vivere, quotidianamente esposti al rischio di ferite e violenze, che trovano impiego per lo più nella raccolta dei rifiuti, nell’accattonaggio o in bancarelle di tè, fabbriche e laboratori.

La loro condizione è rivelata in dettaglio dall’Indagine sui bambini di strada 2022, pubblicata dall’Ufficio di statistica del Bangladesh con il sostegno dell’UNICEF: un terzo dei bambini intervistati ha dichiarato di essersi ferito durante il lavoro, mentre la metà ha subito violenze.
Emerge inoltre che quasi la metà dei bambini che lavorano è stata costretta ad iniziare intorno ai nove anni e la maggior parte lavora dalle 30 alle 40 ore a settimana per meno di 1.000 Taka, circa 10 dollari, a settimana.

I risultati del rapporto sono scioccanti. Ci dicono non solo che il lavoro da fare è urgente, ma anche che i bambini che vivono e lavorano per strada hanno bisogno della nostra solidarietà e del nostro sostegno“, ha dichiarato Sheldon Yett, rappresentante dell’UNICEF in Bangladesh.

A causa della dilagante povertà e della ricerca di lavoro, questi bambini senza famiglia finiscono per vivere in strada, dormendo in spazi pubblici o aperti, senza un letto e solo con un sacco di juta o dei pezzi di cartone su cui sdraiarsi. Di loro, tre su quattro non sanno né leggere né scrivere, perdendo in questo modo la possibilità di ottenere un’istruzione adeguata e vedendo limitate le loro opportunità future, non riuscendo uscire da un ciclo intergenerazionale di povertà e lavoro minorile.

In aggiunta a tutto ciò, in Bangladesh la metà dei bambini sotto i 5 anni non è registrata all’anagrafe: i dati UNICEF mostrano che solo il 37% è regolarmente censito e di conseguenza, 10 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni, non esistono ufficialmente. Questo rende ancora più difficile poter effettuare una stima delle loro condizioni di vita e di salute.

Nel 1999 l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (APG23) fondata da Don Oreste Benzi, ha aperto una missione in Bangladesh e da allora è impegnata concretamente a contrastare la povertà e l’emarginazione. Grazie al centro di accoglienza i bambini sono accolti e protetti ed hanno la possibilità di frequentare la scuola così da avere una concreta possibilità di uscire dalla povertà sia per sé stessi e per la propria famiglia.

La comunità è diventata di primaria importanza – racconta una missionaria cattolica italiana -offriamo agli studenti anche un pasto quotidiano, dando alle famiglie più povere la possibilità di far sfamare i propri figli e questo le spinge a mandare a scuola i propri figli togliendoli dalle strade, dal possibile sfruttamento lavorativo minorile, dal matrimonio precoce e da crimini ancora più gravi”.