25 Nov Violenza sulle donne, una piaga dilagante
«La violenza sulle donne è una velenosa gramigna che affligge la nostra società e che va eliminata dalle radici. E queste radici sono culturali e mentali, crescono nel terreno del pregiudizio, del possesso, dell’ingiustizia». Le parole pronunciate da Papa riecheggiano in questo 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. «Non è amore quello che esige i prigionieri. Il Signore ci vuole liberi e in piena dignità» afferma il Santo Padre, ma nella società in cui viviamo questo fenomeno è oramai purtroppo onnipresente, con numeri sempre allarmanti.
La violenza contro le donne si è trasformata in una piaga sociale, una “velenosa gramigna”, difficile da estirpare alla radice, una radice sociale e culturale. Ogni anno i dati dimostrano che ciò che si sta facendo è ancora troppo poco per contrastarla. Dal 1° gennaio al 3 novembre 2024 in Italia sono stati registrati in totale 263 omicidi: 96 vittime erano donne. Novantesei femminicidi in dieci mesi, uno ogni tre giorni. Tra queste novantasei donne, 82 sono state uccise in contesti familiari o affettivi e 51 per mano del partner o dell’ex partner. A questo atto atroce, l’apice di una piramide fatta di violenza, se ne aggiungono poi altre forme: dalla violenza sessuale a quella psicologica, dalla violenza fisica ed economica fino allo stalking.
Negli ultimi 10 anni in Italia i maltrattamenti contro familiari e conviventi sono aumentati del 105%, gli atti persecutori del 48%, le violenze sessuali del 40%. In questo panorama, quasi il 90% delle vittime è la donna. Da novembre 2023 ad oggi le chiamate valide al numero antiviolenza 1522 sono in continuo aumento. Solo nel primo trimestre le chiamate valide hanno raggiunto quota 17.800, una crescita dell’82,5% rispetto allo stesso periodo del 2023. Nel secondo trimestre anche la crescita non ha accennato a diminuire: le chiamate sono state circa 15mila (+57%) e nel terzo trimestre i dati sono rimasti in linea ai due trimestri precedenti, secondo l’associazione Differenza Donna. Nonostante il 94% degli italiani e delle italiane pensa che la violenza maschile contro le donne sia un tema rilevante e ci sia, quindi, una presa di coscienza su questa piaga sociale, i numeri parlano chiaro ancora una volta: le violenze, anche tra minorenni, sono in aumento e i femminicidi purtroppo occupano quotidianamente le pagine di cronaca nazionale.
La giornata del 25 novembre è necessaria perché parlare di violenza contro le donne vuol dire riconoscere apertamente che ci sono diritti violati, soprusi quotidiani, comportamenti che escludono o penalizzano la donna dalla vita pubblica. È fondamentale anche e soprattutto nel ricordo di tutte quelle donne la cui vita è stata strappata per mano di uomini violenti. La domanda che rimbomba ancora senza risposta davanti ai nomi di queste donne è solo una: lo Stato cosa sta facendo? Più che una punizione serve un’attività capillare di prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne.
Otto italiani su dieci ritengono che le attuali politiche e leggi non siano sufficienti per contrastare l’emergenza. Oltre alla mancanza di intervento legislativo e politico, la questione cruciale è che nelle sedi istituzionali di questa violenza se ne parla sempre troppo poco. E quando se ne parla nel dibattito pubblico, lo si fa sempre con scarsa competenza, senza un legame con l’agenda politica nazionale oppure in occasione di ricorrenze o fatti gravi di cronaca. A fronte di numeri preoccupanti di una tendenza dilagante, quindi, è necessario intervenire immediatamente e in maniera più efficace possibile. Per estirpare comportamenti e atti violenti, per eliminare pregiudizi e stereotipi sessisti e, soprattutto, prevenire bisogna partire delle giovani generazioni, dalla scuola, dal linguaggio che troppo spesso diviene una prima forma di violenza e che favorisce la nascita di sentimenti di prevaricazione, controllo, possesso nei confronti del genere femminile. Il 39% dei giovani dichiara di aver subito violenza, mentre quasi il 50% dei 15enni pensa che la gelosia sia una forma di amore. Di fronte a questi dati shock, intervenire e prevenire è ormai un imperativo morale e sociale.