04 Mag Vaccini, procedere con distribuzione
da Avvenire – 30 aprile 2021 – di Leonardo Becchetti.
L’umanità è sempre di più interconnessa e dunque chiamata ad affrontare problemi planetari che hanno ricadute su ogni territorio, dalla pandemia al riscaldamento globale, ma rivela purtroppo la sua inadeguatezza a coordinarsi nell’affrontare tali problemi. La pandemia del Covid-19 è un male pubblico globale che richiederebbe interventi integrati nei diversi Paesi. In brevissimo tempo siamo riusciti a mobilitarci sviluppando diversi vaccini, ma non sappiamo quanto durerà la loro copertura. Inoltre, la distribuzione dei vaccini è tutt’altro che globale e non procede alla stessa velocità in tutte le zone del mondo. Nei Paesi ricchi, ricorda Oxfam, è stata mediamente vaccinata una persona su quattro, nei Paesi poveri una su cinquecento. L’egoismo di chi pensa di potersi mettere in salvo da solo rischia di venire frustrato se in aree dove il vaccino ritarda o non arriva si sviluppano nuove varianti che rendono la copertura del vaccino nei Paesi ricchi non solo temporalmente limitata, ma anche parzialmente inadeguata ad affrontare la nuova minaccia.
Quest’effetto boomerang della pandemia è tutt’altro che remoto. È proprio il caso di dire, come ricorda spesso papa Francesco, che siamo veramente tutti sulla stessa barca, anche se viaggiamo in classi molto diverse quanto a comfort e opportunità. Se però la barca affonda (e la diffusione di nuove varianti potrebbe vanificare lo sforzo per raggiungere l’immunità di popolazione nei Paesi più ricchi), affonda anche chi si trova in prima classe.
La situazione migliore possibile, eppure oggi fuori portata, sarebbe quella di un’istituzione globale che tratta con le case farmaceutiche contratti e condizionalità avendo a cuore l’interesse di tutti i Paesi e l’obiettivo di debellare la pandemia in tutto il pianeta e non solo (illusoriamente) in un’unica area geografica. La realtà dei fatti è stata l’esatto contrario. Ogni Paese, o gruppo di Paesi nel caso dell’Unione Europea, ha cercato di usare il proprio potere contrattuale e la propria forza economica per negoziare le condizioni migliori per sé ignorando il problema dell’effetto boomerang e pensando di potersi mettere in salvo da solo. E lo ha fatto in modo troppo debole non pretendendo clausole di condizionalità in cambio degli investimenti pubblici a sostegno della ricerca delle case farmaceutiche. In questo modo ha creato effetti esterni negativi per tutti gli altri Paesi contraenti che rischiano di ricadergli addosso. Esistono altre possibilità per oggi e per il futuro? La via della filantropia internazionale con il progetto Covax non basta e raccoglie risorse insufficienti.
Una via maestra già prevista dai Trattati internazionali ci sarebbe, e alcuni Paesi hanno provato ad azionarla senza successo. Il 16 ottobre India e Sudafrica (e con loro più di 100 Paesi) hanno chiesto nella riunione del consiglio Trips dell’Organizzazione mondiale del commercio di sospendere i diritti di proprietà sul vaccino ( Trips waiver request) durante la pandemia. La possibilità è espressamente prevista in caso di circostanze eccezionali come quelle di una pandemia, ma richiede un ‘ampio consenso’ dei Paesi membri. Che non è attualmente raggiunto perché i Paesi ad alto reddito (Europa e Stati Uniti, per primi) si sono opposti, difendendo il principio dei diritti di proprietà delle case farmaceutiche che sono fondamentali per realizzare quegli introiti che coprono costi e rischi dello sviluppo dei vaccini. La pressione internazionale verso il presidente Usa Biden sta montando e 175 premi Nobel gli hanno chiesto di cambiare posizione.
La questione in realtà è molto più complessa e non si può tagliare il problema con l’accetta. In primo luogo, i fondi pubblici hanno sostenuto in modo massiccio (88 miliardi di dollari a livello globale) la ricerca per il vaccino contro il Covid-19 riducendo i costi e dunque l’interesse dei finanziatori dovrebbe essere tenuto in considerazione. In secondo luogo, tra le stesse case produttrici di vaccini ci sono comportamenti diversi, con Astra Zeneca che parla di copertura dei costi senza profitto e comunque pratica una politica di prezzo meno sostenuta di quella di Pfizer. Un problema aggiuntivo è che non basta liberalizzare i brevetti sui vaccini perché si diffondano in ogni area del pianeta, poiché la loro produzione e distribuzione (anche senza segreti sulla loro composizione) richiede competenze e condizioni complesse molto difficili da realizzare soprattutto nei Paesi meno sviluppati. La liberalizzazione del brevetto deve pertanto essere accompagnata da trasferimento di know-how per essere efficace e, in futuro, da un necessario e tutt’altro che scontato aumento della capacità produttiva dei vaccini nei Paesi meno sviluppati.
Si può allo stato attuale forse trovare una via di compromesso di carattere temporale. Dopo un primo periodo in cui le case farmaceutiche hanno recuperato i loro costi e già fatto importanti profitti, la totalità degli Stati (anche quelli ricchi) dovrebbe avere interesse ad azionare il Trips waiver o le stesse case farmaceutiche dovrebbero accettare di fornire con accordi di licenza a prezzi accessibili i vaccini ai Paesi più poveri.
Oxfam calcola che con i 6 miliardi di dollari che le maggiori case produttrici di vaccini hanno distribuito agli azionisti si potevano vaccinare 1,3 miliardi di persone. Il primo tempo dei profitti (distribuiti e no) necessari a recuperare costi (in parte sussidiati) e rischi è andato più che bene per i produttori di vaccini. Ora può e deve iniziare il secondo tempo della solidarietà.
Quello che abbiamo sicuramente capito da questa esperienza è che probabilmente non è possibile sconfiggere un male pubblico globale come una pandemia con singoli Paesi che cercano di negoziare in ordine sparso le condizioni migliori per sé con le case farmaceutiche e che livelli maggiori di coordinamento e cooperazione rispetto a quanto osservato possono produrre risultati migliori. Dobbiamo batterci perché, nell’interesse di tutti, la sensibilità cresca e una di queste soluzioni venga adottate. Speriamo di non essere costretti a farlo sotto condizioni di nuova drammatica emergenza.