
14 Mar Tenerezza
Hanno fatto il giro del mondo le immagini che vedono abbracciati Andriy e Alina Smolensky. Lui, spedito al fronte dalla follia della guerra, si è svegliato in un letto d’ospedale senza braccia, senza vista, sfigurato, con un filo d’udito superstite. “Nella salute e nella malattia”, ricorda lei distesa al suo fianco, che dal giorno dell’esplosione ne è l’angelo custode oltre che moglie. Non hanno nemmeno trent’anni, eppure ci appaiono eterni, smisurati, immensi per la prova d’amore sincero, per la purezza che oppongono alla cultura atroce della morte. Travolgente più della rabbia è la tenerezza, virtù che converte in pienezza affettiva l’egoismo e la durezza dei cuori, sfidando la violenza del mondo.
Tempi tumultuosi. Colpevoli di aver bistrattato la tenerezza, relegandola alla sfera del languido e dello svenevole. Di più – contrapposta alla forza – è accomunata quasi, in termini di affinità, alla debolezza. Specie all’uomo è ancora infatti richiesto l’assenso al modello della virilità, dell’efficacia salda e vigorosa che non ammette pericolose distrazioni emotive. Le relazioni in generale poi, e quelle sentimentali in particolare, sono sempre più superficiali, anaffettive, sommarie. Il reciproco conoscersi, il rapportarsi apertamente cor ad cor ha lasciato il posto a interazioni usa e getta, create per essere consumate come merce qualsiasi, presto resa o sostituita. Spesso l’incontro tra due persone risente dei mali dei nostri tempi, soggetto ad ansie da prestazione, dinamiche del dominio, inflessioni narcisistiche. Altra ingiustizia è poi l’associazione progressivamente più ricorrente, nel gergo comune e dei media, della collocazione lessicale “fare tenerezza” a sensazioni di pietà o disprezzo. Al contrario, la tenerezza effonde dalla partecipazione, dall’empatia, dalla predisposizione verso l’altro e la realtà nel suo complesso. Permea l’essere umano non temporaneamente, ma costitutivamente, e si colora di stupore, leggerezza, meraviglia, dolcezza, e ancora nostalgia, speranza, bellezza. Questa strana e sfuggente emozione, intima, trasversale da spaziare dalla gioia al dolore, è poi dinamica, fisica, e il suo linguaggio è la carezza. “Che acconsente al tatto” – suggerisce del resto la sua etimologia. Una mano che culla, stringe, rassicura e consola è molto più del gesto che compie. Spontaneamente la tenerezza impregna di senso profondo azione e pensiero, dà luce allo sguardo. Con naturalezza rompe ogni meccanicità, superando il legame eziologico, esplicativo, di causa ed effetto. In tal senso, la tenerezza è l’emozione della gratuità assoluta, perfino dell’insensatezza, perché non si pone un fine, non punta ad arrivare in alcun dove. Riguarda l’essere.
Andriy e Alina lo sanno bene. “Non potremo più tenerci per mano”, si addolora lui, e poggia la testa sulla spalla di lei, che percepisce senza vedere, istintivamente. Si amano come e più di prima. La tenerezza si fa occhi e mani del loro amore. Forza, dirompente forza. E il bacio che cerco è l’anima (Alfonso Gatto).
Piercamillo Falivene