
17 Gen Porte: da Giano al Giubileo
Le porte sono un’invenzione che affonda le sue origini nella notte dei tempi e di cui, nel corso dei secoli, se non dei millenni, non si è ancora riusciti a fare a meno. Ne esistono di ogni tipo e foggia: da quelle sfarzose dei palazzi reali alle più umili delle stalle, dalle blindate in acciaio alle semplici in legno, dalle ordinarie a quelle “magiche” (come la famosa porta di Piazza Vittorio a Roma), dalle porte delle case a quelle delle città, fino ad arrivare alle porte sante. Quest’ultima categoria è sicuramente quella di cui si parla di più in questi primissimi giorni dell’anno giubilare, ma facciamo un passo indietro: qual è lo scopo, la funzione delle porte in termini generali?
Come testimonia l’iconografia bicefala del dio romano Giano, protettore delle porte, la loro funzione è duplice: permettere di entrare e uscire. Ciò è certamente corretto, ma incompleto: una porta chiusa svolge anche un’altra funzione, quella di separare. La separazione prodotta dalle porte è spesso utile e necessaria: protegge gli abitanti della casa da animali feroci, ladri, invasori o da qualsiasi genere di malintenzionato. Al tempo stesso, le porte possono anche servire a uno scopo opposto, ovvero a trattenere qualcuno o qualcosa all’interno, isolandolo da ciò che si trova all’esterno. L’esempio più emblematico in tal senso sono le prigioni.
Nel carcere romano di Rebibbia ci sono tantissime porte per altrettante celle dove i rei pagano il loro conto con la giustizia. Tuttavia, due spiccano su tutte le altre. Una è il lugubre cancello d’ingresso, una doppia porta le cui tonnellate di metallo vengono aperte e chiuse tramite comandi a distanza. Da qui transitano detenuti, avvocati, magistrati, familiari, religiosi, volontari, visitatori e tutte le categorie che popolano il variegato ecosistema penitenziario. Non molto distante si trova un’altra porta, sempre metallica, ma di dimensioni ben più ridotte. Si tratta della porta della chiesa del Padre Nostro, la cappella del carcere di Rebibbia, aperta da papa Francesco il 26 dicembre, due giorni dopo rispetto alla prima Porta Santa con cui è stato inaugurato il Giubileo universale della Chiesa cattolica.
Il messaggio del Pontefice appare chiaro: più che lo stile, la grandezza, l’ornamento o la collocazione della porta, ciò che conta è se essa sia aperta o chiusa, anzi, sapere quando aprirla e quando chiuderla. Così come è giusto che chi ha sbagliato, infrangendo la legge, sconti la sua pena, è altrettanto importante che la porta per rientrare nella società non sia chiusa, nemmeno socchiusa, ma spalancata.
Alberto Atelli