La polifonia del meditare

da Il Sole 24 Ore – 12 gennaio 2025 – di Gianfranco Ravasi.

In questo articolo il Card. Ravasi esplora la meditazione come pratica sia laica sia spirituale, considerandola una cura per l’anima e una forma di profonda riflessione interiore. Parte dalla tradizione cristiana, con riferimenti biblici e pratiche monastiche, per poi analizzare altre tradizioni religiose.

Erano gli inizi del settembre 1823 e Giacomo Leopardi nel suo Zibaldone annotava che il “meditare” deriva dal latino medeor, “curare, medicare”: una pacata e silenziosa riflessione è, dunque, una terapia dell’anima. E concludeva che «il meditare una cosa è una continuazione del semplice averne o pigliarne cura». Già Montaigne secoli prima nei suoi Saggi aveva confessato che «meditare è un’occupazione potente e piena: io preferisco formare la mia anima piuttosto che arredarla». Fin qui abbiamo definito un atto “laico” dello spirito, fatto di pensiero, di interiorità, di impegno etico.

Tuttavia, la reazione spontanea, quando si usa il termine “meditazione”, è quella di rimandare a qualcosa di religioso. E questo è sostanzialmente vero perché «i sentieri della meditazione», come titola il volume a cui ora ci riferiamo, si inerpicano sulle vette della spiritualità e persino della mistica più alta. Ciò non toglie che esistano anche in questo orizzonte scorciatoie: ad esempio, non di rado lo yoga si riduce a un esercizio un po’ snobistico e chi si spaccia per guru può facilmente sconfinare nella figura del ciarlatano.

Per questo è prezioso il testo a cui ci riferiamo perché è una seria e rigorosa mappa di una pratica che attraversa tante religioni, creando una sorta di polifonia. Estrarne le singole voci e farle cantare in un “a solo”, prima di cercarne le consonanze così da comporre un corale, è quindi necessario. Ed è ciò che fa una decina di studiosi, attenti alle specificità dei singoli processi meditativi, prima ancora di isolarne i contrappunti armonici. La prima a entrare in scena è la meditazione cristiana che attinge innanzitutto alla Bibbia: come non ricordare, ad esempio, che la madre di Gesù, «Maria custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Luca 2,19)?

Lo sguardo, però, si deve allargare ai secoli successivi con la contemplazione monastica spesso affidata a un arduo esercizio denominato col greco hesychía, che è ben più di un “silenzio” o quiete esteriore, ma «l’eliminazione di ogni rappresentazione mentale e la rinuncia a ogni preoccupazione ragionevole», come la definiva un autore affascinante, Giovanni Climaco (VI-VII sec.). Molto altro (e sorprendente) si incontra nei quattro saggi dedicati al cristianesimo che danno la prima ossatura a questa silloge monotematica.

È, però, scontato che i lettori correranno subito a una trilogia di complessa decifrazione categoriale e lessicale prima ancora che contenutistica. Stiamo alludendo innanzitutto alla tradizione hindu con lo yoga che è un sistema spirituale prima ancora che una tecnica di concentrazione (respiro, cuore, “terzo occhio” e così via). C’è, poi, il buddhismo della tradizione Theravada dalla complessa struttura, affidata a esperienze che con molto affanno possono essere spiegate secondo le nostre categorie mentali e persino linguistiche. E, infine, ecco il buddhismo tibetano dalle dinamiche originali che esigono per un occidentale, che desideri andare oltre gli stereotipi, una vera fatica cognitiva (si parla appunto di «metacognizione e disidentificazione»).

Un’appendice, sempre nell’orizzonte buddhista, è dedicata allo zen e, in particolare allo zázen, «star quietamente seduti nel vivo silenzio immobile». Giustamente l’editore, che è la comunità cattolica di Bose, ha in finale offerto una simpatetica ma non ingenua guida allo «sguardo cristiano sulle vie orientali di meditazione». A questo punto ci sembra utile allegare un’altra intensa attestazione che ha, però, anche un aspetto “magisteriale”, nel senso di conduzione per mano in un itinerario di conoscenza in tre tappe: la mistica, la coscienza e il «vedere dentro» che in questo caso è proprio la meditazione.

A proporre un simile percorso spirituale cristiano è una donna fiorentina, Antonella Lumini, ormai molto seguita non solo nella sua testimonianza personale, ma anche nella sua bibliografia dal dettato limpido e alonato di luce, senza per questo staccare i piedi dalle strade pietrose della storia. Essa, infatti, pur vivendo nel tessuto urbano, invita a inoltrarsi in una regione di silenzio e solitudine secondo i canoni della pustinia, la contemplazione della tradizione ortodossa. Per questa via l’accesso al divino si attua attraverso l’umano, che Dio ha scelto come suo spazio teofanico. Detto così, può sembrare una proposta un po’ esoterico-sacrale; in realtà, sono molti anche i non credenti che si interrogano ascoltando la voce e il silenzio di Antonella.

A conclusione, proponiamo un’analoga ma autonoma testimonianza di straordinaria intensità. Non ci si stupisca che di scena sia una fragile figura di ultranovantenne, un sacerdote milanese, Angelo Casati, che non esita però a recarsi per la benedizione natalizia anche nella sartoria di Armani in via Borgo Nuovo. Se vorrete ascoltare la sua voce, cara al cardinal Martini, a padre Turoldo, a tanti credenti e non, e anche a chi ora scrive queste righe, leggete un suo ultimo volumetto il cui titolo è già un programma, Sconfinamenti.

La sua parola e la sua stessa presenza esile e pur incisiva e decisiva non hanno mai amato la quiete dell’oasi sacrale protetta, ma hanno voluto che il vento dello Spirito di Dio spalancasse i portali serrati del tempio per “sconfinare” nella piazza ove si consumano odi e amori, viltà ed eroismi, grida blasfeme e invocazioni di speranza.