
20 Gen Gaza: trovato l’accordo per il cessate il fuoco e gli ostaggi
Dopo un primo tentativo di accordo annunciato ma subito interrotto per una crisi dell’ultimo minuto, finalmente la tregua è stata finalmente siglata a Doha dai negoziatori di Israele, Hamas, Qatar e Stati Uniti. Anche il gabinetto di sicurezza del primo ministro israeliano e, successivamente il governo, hanno dato l’ok all’accordo, nonostante alcuni ministri estremamente contrari. La prima fase dell’accordo, che durerà circa 42 giorni, ha avuto quindi inizio ieri mattina. Il cessate il fuoco è entrato in vigore alle ore 11:15 ora locale nella giornata di ieri, tra la gioia della popolazione palestinese che lentamente cerca di tornare nelle proprie case, o in quel che resta di esse, soprattutto verso il nord. Nel pomeriggio, come da accordi, sono state rilasciate le prime tre donne civili tenute in ostaggio dal 7 ottobre 2023, che hanno potuto riabbracciare finalmente le loro famiglie.
Questa prima fase prevede non solo uno stop dei bombardamenti nella striscia di Gaza e un possibile ritiro delle truppe israeliane verso il confine di Israele a est, ma considera anche la liberazione di una parte degli ostaggi rapiti il 7 ottobre 2023 e di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Secondo i media israeliani, infatti, i termini dell’accordo dovrebbero essere i seguenti. Saranno liberati oltre 1.700 detenuti palestinesi in cambio di 33 ostaggi israeliani: 700 terroristi, di cui 250-300 stanno scontando l’ergastolo; 1.000 cittadini di Gaza catturati dall’8 ottobre durante i combattimenti nella Striscia; e 47 detenuti nuovamente arrestati in seguito all’accordo sulla liberazione di Gilad Shalit del 2011. Hamas comunicherà i nomi degli ostaggi che verranno liberati volta per volta. Dall’ufficio del premier Netanyahu hanno fatto sapere che i nomi saranno resi pubblici solo dopo che i rapiti saranno di fatto consegnati alle forze armate e le loro famiglie saranno state informate. Se venissero meno queste condizioni, il cessate il fuoco terminerà e la guerra riprenderà. L’equilibrio, quindi, è ancora molto precario.
Grazie all’accordo, la popolazione palestinese potrà beneficiare anche di molteplici aiuti umanitari. Sarà garantito da Israele l’ingresso fino a 600 camion al giorno che trasportano beni di prima necessità. Centinaia di mezzi erano in fila in Egitto, al confine con la Striscia per poter entrare una volta approvata la tregua per consegnare cibo, tende e altri aiuti, mentre gli ospedali egiziani sono pronti a curare i feriti di Gaza. Anche l’Unione Europea è pronta a riattivare la sua missione di assistenza al varco di frontiera di Rafah tra Gaza ed Egitto. Un altro problema incombente è, inoltre, la questione infrastrutturale: il 60% degli edifici nella Striscia di Gaza è stato completamente raso al suolo dai bombardamenti. Secondo l’ONU ci vorranno 14 anni solo per rimuovere le maceri e decine di miliardi per la ricostruzione.
Nelle ore in cui entrava in vigore la tregua, si discuteva negli USA circa la “paternità” dell’accordo finalmente raggiunto per il cessate il fuoco. Biden nel discorso di fine presidenza si è preso il merito, anche perché la tregua porta la firma del principale consigliere del presidente per il Medio Oriente, Brett McGurk. Ma la realtà dei fatti sembrerebbe diversa. Alle trattative di Doha era anche presente l’inviato del presidente eletto Trump, Steve Witkoff che a quanto pare ha giocato un ruolo cruciale. Secondo il responsabile delle relazioni politiche e internazionali di Hamas, Basem Naim, l’intesa non sarebbe stata raggiunta “senza la pressione dell’amministrazione entrante guidata dal presidente Trump, perché il suo inviato nella regione, Witkoff, è stato qui negli ultimi giorni” e “prendeva nota di tutti i dettagli e di tutti gli ostacoli ed esercitava pressione, soprattutto sul governo israeliano”. Pertanto, il neopresidente repubblicano, che proprio oggi – alle ore 18 italiane – presterà giuramento a Capitol Hill, ha esultato per la tregua di Gaza e aprirà il suo secondo mandato con un primo risultato vittorioso e insperato per molti.