Chi compose davvero il magnificat?

da Il Sole 24 Ore – 23 ottobre 2022 – di Gianfranco Ravasi

 

In questo articolo il Cardinal Ravasi analizza temi, enigmi e segreti della Bibbia.

Il primo re d’Israele, Saul, morì in battaglia contro i Filistei, ma sulla modalità di quella fine tragica la Bibbia offre, in passi differenti, almeno quattro versioni contrastanti: commise un suicidio facendosi trapassare dalla sua spada piantata in terra in un abbraccio mortale; implorò l’eutanasia a uno scudiero; i Filistei stessi lo ammazzarono; fu un’esecuzione divina, una sorta di giudizio per le sue ingiustizie.

Passiamo a un altro evento antecedente, ancor più celebre, l’esodo di Israele dall’oppressione faraonica. Nella Bibbia si possono identificare due modalità incompatibili tra loro se non supponendo fatti diversi: un’espulsione o una fuga. Ecco, però, che alcuni esegeti sulla base di sinossi storico-archeologiche inclinano a ritenere che in realtà gli israeliti non si mossero mai dalla loro terra ove, però, subirono una feroce occupazione da parte della superpotenza egizia. Da essa riuscirono a ribellarsi, espellendo gli oppressori e trasformando l’atto in un’epopea trionfale inversa: in pratica, Israele non fu mai in Egitto, ma fu l’Egitto a essere in Israele, e l’esodo clamoroso fu degli egiziani e non degli israeliti.

Entrando nel Nuovo Testamento, anche nelle sue pagine gli interrogativi fioriscono a corolla. Il Magnificat fu un inno composto da Maria, la prima “cantautrice” cristiana, oppure fu lo stesso evangelista Luca a metterlo sulle sue labbra? O era un canto preesistente della comunità giudeo-cristiana delle origini che lo intonava per celebrare la salvezza concessa da Dio con Gesù e che in bocca a sua madre divenne un annuncio della salvezza che si sarebbe attuata nel bimbo che portava in grembo?

E ancora: perché Maria non accompagnò Gesù durante la sua vita pubblica, anzi, ne fu distanziata al punto tale che la sua presenza sul Calvario sembra ad alcuni esegeti più simbolica che reale? Perché mai un episodio storico della vita di Cristo di grande potenza narrativa e morale come quello dell’adultera, conosciuto già dal II sec. in avanti dai Padri della Chiesa, entra nel Vangelo di Giovanni solo in un codice del V sec., ed è invece assente nei più antichi papiri e manoscritti pergamenacei che hanno trasmesso il quarto Vangelo?

Possiamo continuare interrogandoci sul tipo di esperienza della Trasfigurazione di Cristo sul monte identificato dalla tradizione nel Tabor. Fu una visione dei tre apostoli presenti o una sorta di apparizione pasquale anticipata o, come sembra ipotizzare l’evangelista Luca, un’esperienza intima del solo Gesù? E dove possiamo rintracciare nell’epistolario paolino quella «lettera tra molte lacrime» indirizzata ai cristiani di Corinto e citata dall’Apostolo nella Seconda Lettera inviata a quella comunità?

La lista può continuare con altre domande inattese: il re Davide era omosessuale a causa del suo legame con Gionata, figlio del predecessore Saul, nonostante avesse impalmato secondo la Bibbia ben nove mogli, si fosse accompagnato a diverse concubine e avesse generato una prole numerosa, rimanendo fieramente innamorato di Betsabea, alla quale era legato attraverso un adulterio e un assassinio del marito? Chi fu il primo falso profeta? Qual è il salmo o il libro più triste della Bibbia?

Abbiamo evocato i temi di alcuni dei 20 capitoli di un volume molto intrigante elaborato da un biblista argentino, Ariel Álvarez Valdés, che seleziona le pagine sacre più sorprendenti, ricorrendo al metodo storico-critico. Talora è tentato di operare qualche demolizione eccessiva, ma mostra sempre quanto sia affascinante penetrare negli angoli segreti, negli enigmi, ma anche nella ricchezza tematica delle Scritture. Esse ribadiscono la qualità della fede che le alimenta, una religiosità storica che invita a scoprire la presenza di Dio e la risposta umana nelle pieghe anche oscure delle nostre vicende misere e gloriose, escludendo una spiritualità devozionale evanescente che invita a decollare dalla realtà verso cieli eterei o mitici.

In appendice, ma in coerenza con l’invito alla conoscenza della Bibbia, rispondiamo a una sollecitazione che spesso ci è rivolta, anche dai lettori. È possibile avere, almeno per il Nuovo Testamento, un testo rigoroso, nell’originale greco, con le versioni delle due confessioni cristiane, la cattolica e la protestante? Sì, è possibile attraverso diversi sussidi. Uno recente, però, si impone ed è quello curato da Mario Cignoni: alla migliore versione testuale, nota come la «XXVIII edizione del Nestle-Aland», dotata di un sontuoso apparato critico, si accostano due traduzioni italiane, la Bibbia della Conferenza Episcopale Italiana (2008), in uso comune in ambito cattolico, e la Bibbia della Riforma (2020), testo di riferimento per il mondo protestante.

Alle pagine bilingui che raccolgono l’intero Nuovo Testamento e che sono il corpus fondamentale dell’opera, si allega una sequenza molto interessante di appendici che introducono nella foresta dei manoscritti che hanno trasmesso le Scritture cristiane, con le relative varianti, statistiche e vicende che condussero alla loro «canonicità». Si aggiunge anche un dizionario dei 5.433 vocaboli greci usati (oltre alle 635 varianti) coi loro significati. Uno strumento raffinato per coloro che sono consapevoli che nel Nuovo Testamento sono innestate le radici decisive della nostra civiltà occidentale e non solo della fede cristiana.