Luca, scriba e pittore dell’annuncio

da Il Sole 24 Ore – 6 febbraio 2022 – di Gianfranco Ravasi.

In questo articolo il Cardinal Ravasi parla del Terzo Vangelo e del suo autore, Luca, l’autore del più ampio dei quattro Vangeli.

Parecchi anni fa ero in visita a Boston e in programma avevo anche una tappa al Museum of Fine Arts. Curiosamente mi attrasse allora un quadro di un fiammingo del Quattrocento, Rogier van der Weyden, a causa dell’originalità del soggetto. Al centro c’era una modella molto particolare, Maria che stava allattando il neonato Gesù; in primo piano un pittore impugnava il pennello e sulla tela ritraeva la madre in posa. Ovviamente quell’artista era l’evangelista Luca a cui la tradizione leggendaria ha assegnato – oltre a quella reale di medico (attestata da san Paolo nella Lettera ai Colossesi 4,14) – la professione di pittore, tanto da attribuirgli alcune Madonne nere posteriori di secoli.

Abbiamo voluto evocare l’autore del più ampio dei quattro Vangeli (19.404 parole greche) e di una seconda opera, gli Atti degli Apostoli (18.374 parole), entrambi dedicati a un certo «Sua Eccellenza Teofilo», perché i fedeli praticanti sanno che quest’anno, assistendo alla Messa, sentiranno proclamare quasi ogni domenica un brano del terzo Vangelo. Sarebbe, però, significativo che anche i non credenti prendessero in mano questo scritto frutto di «accurate ricerche» testimoniali come confessa lo stesso Luca, uno scrittore raffinato che, con alcune sue pagine, che sono i suoi veri dipinti, ha conquistato l’arte e la cultura nei secoli, a partire dallo stesso Dante, colpito da uno dei temi maggiori dell’evangelista così da definirlo nel Monarchia: «scriba mansuetudinis Christi».

Come non pensare – solo per esemplificare – alla mirabile parabola del Buon Samaritano (10,25-37) che sembra quasi prendere spunto da una vicenda di cronaca nera? O alla drammatica storia del figlio ribelle e del padre misericordioso che lo riaccoglie con amore (15,11-32)? È, quest’ultima, una vicenda che ha affascinato pittori come Rembrandt nella tela dell’Ermitage divenuta ormai una sorta di canone artistico-esegetico? Meno note sono le infinite riprese letterarie, anche provocatorie e deformanti, della stessa parabola, come il Ritorno del figlio prodigo, romanzo di André Gide (1907) che fa di quella conversione un fallimento. Ai suoi occhi, infatti, quel giovane sarebbe rientrato a casa per fame, per viltà e per comodità, rinunciando a «mordere la mela selvatica della libertà» fino in fondo.

Anche per questa via la Bibbia si rivela il «grande codice» della nostra cultura, incessantemente oggetto di «ri-Scritture», per usare l’ammiccamento lessicale di Piero Boitani. Naturalmente l’approccio a un testo di tale portata ideale com’è il Vangelo di Luca richiede un accompagnamento: è il compito dell’«esegesi» che – secondo quanto suggerisce lo stesso etimo greco – deve «condurre (hegeomai) fuori (ek)» dal testo tutte le sue accezioni e potenzialità. Segnaliamo, perciò, qualche commento significativo tra i tanti (a uno sguardo sommario nella mia biblioteca personale, ne ho numerati almeno una ventina, originali o in versione nella sola lingua italiana).

Il primato è da assegnare alla trilogia di tomi consacrati a Luca dallo studioso svizzero François Bovon, uno dei massimi esperti di questo Vangelo, tradotto da Paideia (2005-2013). La sua interpretazione, che penetra sin nei particolari più remoti di un testo certamente denso ma sempre coinvolgente, vede nel programma storico-teologico dell’evangelista la centralità della parola di Cristo che non decolla dal terreno accidentato della storia verso cieli mitici, ma si àncora alla concretezza e all’umanità, spingendo il lettore-uditore a un’opzione radicale di adesione vitale. Da questa radice si ramificano alcuni temi portanti come quelli dell’amore, della misericordia, della mansuetudine (evocata da Dante), del distacco dal possesso, della gioia e della preghiera.

L’approccio rimane, comunque, quello storico-critico che è adottato anche da un altro commento ben più agile, pur possedendo tutte le componenti necessarie (compreso il testo greco a fronte): autore è un mio antico alunno, divenuto esegeta stimato, Matteo Crimella, che innesta la sua opera (2015) in una significativa collana della San Paolo che sta proponendo una Nuova versione della Bibbia dai testi antichi, libro per libro. Leggendo le note di questo strumento interpretativo, si potrà procedere nella lettura evangelica secondo un accostamento più narrativo che rende ragione dell’architettura d’insieme e sequenziale delle pagine lucane. Esse, per altro, sono originalmente scandite nella loro sezione centrale (cc. 9-19) da una sorta di «lunga marcia» di Gesù verso Gerusalemme, la città del suo destino tragico ma anche della sua glorificazione (l’ascensione).

Per chi desidera mantenersi a un livello a prevalenza filologico-letteraria è disponibile il Vangelo secondo Luca (Carocci 2017) di Riccardo Maisano, docente all’Orientale di Napoli, le cui note essenziali puntano alle singole unità testuali e contestuali, mentre l’introduzione generale ha come meta la «riconquista dei tempi e degli spazi perduti» (storia, fondale, attori, autore, coordinate spazio-temporali, fonti, trasmissione del testo). Altri commenti meriterebbero una segnalazione, ma ci accontentiamo di concludere con uno scritto apparentemente marginale dal taglio spirituale ma non devozionale, spoglio eppur poetico, documentato ma lieve, opera di un anziano sacerdote amato anche da molti «laici», il milanese Angelo Casati. Il suo «commento» s’intitola emblematicamente Sulla terra le sue orme, pubblicato nel 2013 dall’editrice trentina Il Margine.

 

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