Volontariato: una “lancella” nel pozzo dell’indifferenza sociale

Una risorsa preziosa per la società, un motore di solidarietà e di cambiamento: il volontariato si potrebbe descrivere in tanti modi ma, al di là delle definizioni, sono le implicazioni emotive che ne raccontano il valore.

Partiamo dai numeri: il Censimento Istat del 2021 registra poco più di 4,6 milioni di volontari attivi in Italia in circa 360.000 organizzazioni non profit. Il Trentino-Alto Adige emerge come un’isola felice nel panorama del volontariato italiano, con una partecipazione civica notevole. Più di un residente su cinque dedica il proprio tempo e le proprie energie al servizio della comunità e, non a caso, Trento è stata designata Capitale Europea del Volontariato nel 2024, un riconoscimento che sottolinea l’impegno e la passione di questa regione. Gli stessi dati raccontano, d’altra parte, che la fascia della popolazione maggiormente impegnata nel volontariato risulta essere quella compresa tra 18 e 19 anni (12,2%).

Interroghiamoci: quali strategie possiamo adottare per incentivare il volontariato, specialmente tra i giovani, e per promuovere una cultura della solidarietà sul modello di quella trentina?

Oggi, in un tempo in cui la società tende a connotare come “liquide” le emozioni e le crisi valoriali mettono in discussione le strutture familiari e i rapporti personali, l’attività di volontariato si configura come un vero e proprio atto rivoluzionario: una “lancella” nel pozzo dell’indifferenza all’altro, per attingere a quell’Umanesimo da riscoprire per contrastare il degrado valoriale apparentemente senza soluzione di continuità. Il dilagante fenomeno degli Hikikomori rappresenta un’efficace cartina di tornasole del problema. I giovani, demotivati e delusi, forse, da una società che non comprendono e in cui si sentono come pesci fuor d’acqua, faticano a trovare un modo per dar senso alla propria esistenza e per creare e scoprire nuove risorse utili a sviluppare empatia e arricchire la loro visione del mondo.

Il volontariato, lungi dall’essere una soluzione a problemi che richiedono un approccio multidisciplinare, non è solo un mezzo per lasciare un segno tangibile nella vite altrui; è un modo per imparare, per crescere e per diventare persone migliori; va oltre il semplice aiuto materiale, è un dono di sé, un’offerta del proprio tempo e delle proprie energie senza aspettarsi nulla in cambio, è un modo per connettersi con l’altro, per riconoscere la sua umanità e per costruire un legame di solidarietà. È inoltre un’esperienza che può modificare la vita propria e quella degli altri, rendendo le persone protagoniste di cambiamento evolutivo della società focalizzato sull’inclusività, il benessere e la costruzione solidale della comunità.

Infine, è un invito all’azione, un modo per trasformare le buone intenzioni in risultati concreti. Un ritorno a quell’Umanesimo che non è ancora scomparso, ma che può essere riscoperto e valorizzato al di là dell’indifferenza e delle fragilità della società odierna. Una lancella proveniente da quel pozzo, da cui attingere acqua di vita.

Anna Laura Palumbo