E quello che scrive tenendo le mani giunte

da Il Sole 24 Ore – 6 aprile 2025 – di Gianfranco Ravasi.

In questo articolo il Card. Ravasi esplora il tema universale della preghiera, intesa come respiro dell’anima e riflessione sul senso della vita, attraverso un viaggio all’interno della letteratura italiana.

«Gli antichi affermavano giustamente che pregare è respirare. Allora è sciocco chiedersi: perché? Perché io respiro? Perché altrimenti morrei! Così con la preghiera». «Pregare è pensare al senso della vita». Sono due voci filosofiche distanti tra loro, ma che si incrociano su un tema capitale in tutte le religioni e culture: la prima è quell’ottocentesco Søren Kierkegaard nel suo Diario, mentre l’altra è di una figura eminente del Novecento Ludwig Wittgenstein nei suoi Appunti del 1914-16. L’universalità di questo atto spirituale fa sì che esso lambisca persino il non credente, come testimoniava Giorgio Caproni che, nella raccolta poetica Il muro della terra (1975), invocava: «Ah, mio dio. Mio Dio / Perché non esisti?… Dio di volontà, / Dio onnipotente, cerca / (sforzati), a furia d’insistere / – almeno – d’esistere».

Ed è proprio alla letteratura italiana che si dedica una sorta di storia della preghiera, alla ricerca non solo delle suppliche o lodi (i due generi fondamentali per l’orazione) dei vari autori – come ha fatto Erminia Ardissino nel suo mirabile saggio Poesia in forma di preghiera (Carocci), da noi già segnalata – ma soprattutto delle testimonianze e narrazioni sul pregare e sulle sue varie iridescenze. Il titolo del volume – che ora presentiamo e che vede impegnati oltre settanta studiosi (anche giovani) sotto la direzione di tre docenti della Cattolica di Milano, Simona Brambilla, Pierantonio Frare e Giuseppe Langella, e del prefetto emerito della Biblioteca Ambrosiana, Marco Ballarini – è esplicito: La preghiera nella letteratura italiana. Convocati sono ben 77 autori, tra i quali appunto anche Caproni, ciascuno con una voce specifica, oltre a una sequenza di ambiti contestuali più generali.

Così, si perlustra il poema cavalleresco del Quattrocento e la letteratura spirituale del Quattrocento e Cinquecento, si analizza in modo inatteso anche la poesia patriottica e la memorialistica risorgimentale e si punta all’orizzonte altrettanto sorprendente dei melodrammi italiani ottocenteschi. L’arco autoriale ha un incipit obbligato nel Cantico di Frate Sole e in Iacopone da Todi e approda a una serie suggestiva di presenze femminili come Elena Bono, Margherita Guidacci, Cristina Campo e a un personaggio ancora in azione e, sicuramente meno noto, come la sirmionese (anche nell’uso del dialetto locale) Franca Grisoni, classe 1945.

È scontata l’osservazione critica che solitamente si allega sulle assenze, un gioco letterario che evitiamo soprattutto se si entra nel terreno mobile della contemporaneità. Molto suggestive e profonde sono, comunque, le voci qui raccolte che devono confrontarsi coi “monumenti” come Dante, Petrarca, Boccaccio, Caterina da Siena, Tasso, Marino, Manzoni e così via, ma che fanno salire sulla ribalta anche personaggi particolari e, come sopra si diceva, persino esterni alla frontiera della credenza. Entrano, così, in scena con ritratti suggestivi figure come Pirandello, Montale, Pasolini, Deledda, Morselli, e altri testimoni di una ricerca interiore: non per nulla, negli anni 80 del secolo scorso il cardinale Carlo M. Martini aveva voluto introdurre anche il tema della preghiera nella sua Cattedra dei non credenti.

La struttura generale dell’opera è diacronica e l’introduzione di Marco Ballarini ne delinea la mappa, marcando però il genere che non è quello di un dizionario né di una sistematica storia del tema, ma di uno sguardo panoramico. In esso brillano, appunto, alcuni volti che sono ritratti secondo lineamenti personali: essi mostrano come la preghiera possa diventare una cifra ermeneutica di diverse esperienze esistenziali, come l’emergere degli affetti bilanciati dall’interrogazione teologica, degli echi popolari, del fremito delle crisi, dell’abbandono gioioso nella fiducia, dell’invocazione spontanea e ingenua. Si configura, così, quel «respiro» kierkegaardiano dell’anima evocato in apertura, ma si intuisce che per non pochi autori vale il detto di Heidegger basato sull’assonanza tedesca per cui denken ist danken, “pensare è ringraziare”, confermando così la dichiarazione di Wittgenstein.

Proprio per la sua ricchezza i lettori – che non dovrebbero essere solo i critici o i docenti di letteratura o i teologi o gli studiosi e gli studenti ma tutti coloro che amano la ricerca dei grandi lavori umani e religiosi – potranno trovare personaggi a loro cari anche per conoscenza diretta o per approfondimento, come nel mio caso Luzi, Santucci, Turoldo, Pomilio, Bacchelli, Luisi e Agostino Venanzio Reali. Nell’orizzonte della preghiera si scopre che al centro non c’è tanto un Dio del quale parlare (anche se permane valido l’adagio tradizionale lex orandi, lex credendi, ossia l’orazione come fonte di rivelazione divina) ma un Dio al quale parlare in un dialogo personale.

Una nota a margine. A pubblicare quest’opera è una piccola casa editrice milanese che ha, però, alle spalle una sua lunga storia: la sigla IPL, legata ora anche alla Chiesa ambrosiana, è l’acronimo del passato “Istituto di Propaganda Libraria”. Ad essa dobbiamo anche uno straordinario Dizionario biblico della Letteratura italiana diretto da alcuni curatori anche dell’attuale volume sulla preghiera, edito nel 2018, che a suo tempo abbiamo qui recensito e che nuovamente suggeriamo con calore per la sua ricchezza e qualità.

È, però, naturale concludere con una testimonianza forte sull’atto del pregare anche nella sua simbolicità fisica, varcando i confini dell’Italia. Sotto un cielo cupo e spoglio di divinità, si leva la testimonianza stupita del poeta tedesco Paul Celan, morto suicida a Parigi nella Senna a cinquant’anni nel 1970: «Ritaglia la mano orante dall’aria / con la forbice degli occhi, / mozza le sue dita col tuo bacio, / fanno restare senza fiato, oggi / le mani giunte».