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Amazzonia: il grido di Amangaj

Lo scorso 27 aprile il “Cortile dei Gentili” ha partecipato per il secondo anno consecutivo alla manifestazione Villaggio per la Terra di Villa Borghese a Roma. Tema dell’edizione 2019, l’Amazzonia e la salvaguardia delle culture indigene: in occasione della Giornata Internazionale delle Foreste, infatti, abbiamo scelto di impegnarci concretamente – insieme a Earth Day Italia e al Movimento dei Focolari di Roma – nel promuovere la cura delle ricchezze naturali e culturali del nostro pianeta, troppo spesso ignorate, dimenticate o non rispettate.

Tra i tanti ospiti, che nel corso dell’evento, hanno avuto modo di confrontarsi e raccontarsi, significativa è stata la testimonianza di Amangaj, una giovane ragazza che ha condiviso con noi cosa significhi vivere nella foresta amazzonica e appartenere ad una comunità indigena.

Oggi, mentre l’Amazzonia continua a soffrire a causa degli incendi delle scorse settimane, riportiamo il suo discorso, nella speranza che possa essere di stimolo e insegnamento per tutti noi.

Io mi chiamo Amangaj e sono figlia di due popoli indigeni, il Terena e il Patasciò e sono brasiliana. E’ la prima volta che esco dal Brasile e la mia prima volta in Italia.

Per noi, popoli indigeni, la terra, la foresta, l’acqua possiedono una fortissima simbologia legata alla nostra vita e al popolo. Ma per molte persone vi è un interesse superiore: la ricchezza.  La nostra lotta è per la nostra vita, per i nostri figli e per la foresta, per i popoli della foresta, per l’acqua. Noi giovani siamo i semi di questa lotta e abbiamo bisogno di germogliare collettivamente per un unico obbiettivo. Molti dicono che noi giovani siamo il futuro, il domani: no, noi siamo l’adesso. Noi abbiamo voglia di far subito, di farlo adesso, abbiamo sete di giustizia pe tutti quelli che sono morti lottando per il nostro popolo e la nostra vita.

Noi stiamo gridando per la giustizia climatica. È necessario che l’umanità si fermi e ascolti i popoli indigeni, ciò che noi abbiamo da insegnare per la salvezza dell’umanità tramandataci attraverso saperi millenari e saperi ancestrali. Ma perché questo accada, dobbiamo ricollegarci alla madre terra, madre di tutte le madri. Ognuno di voi presenti, porta nel suo cuore un po’ di Amazzonia. Questa mattina, appena svegli, vi siete fermati a sentire come sta il vostro cuore? Il fondo del vostro cuore è un terreno fertile, pronto a ricevere un nuovo piccolo albero. La soluzione di questi problemi globali comincia, perciò, a partire dal cuore. I popoli del Brasile sono da tempo massacrati e perseguitati; molto sangue è stato versato; molti sono rimasti senza più sangue indigeno nelle vene mentre altri ce l’hanno sulle loro mani.

Il nostro corpo è il nostro territorio, il nostro ventre è il nostro tempio e le nostre vene i nostri fiumi che pulsano sangue e vita in tutto il nostro corpo. Noi abbiamo bisogno della terra perché è da essa che traiamo il nostro sostentamento, la nostra vita. È il luogo dove seppelliamo i nostri cari: allora perché interessarsi ai soldi, se ciò che ci mantiene in vita è la madre terra, madre natura.

È necessario fermarsi e pensare a quello che stiamo facendo e i giovani ne rappresentano una risorsa molto importante. I nostri antenati hanno iniziato con la lotta; e per quanto adesso abbiamo in Brasile un presidente che non rispetta i popoli originali, noi continueremo resistendo. Immaginate un mondo che voi volete creare. Se siete in grado di immaginarlo, riuscireste a perseguire il vostro ideale. Tutti noi siamo parte della soluzione: la demarcazione già da adesso”.