Tre linee parallele per capire i miracoli

da Il Sole 24 Ore – 13 aprile 2025 – di Gianfranco Ravasi.

In questo articolo il Card. Ravasi ci racconta del saggio di Andrea Aguti dedicato al miracolo.

Sessant’anni fa nelle aule dell’Università Gregoriana di Roma lui era in cattedra, mentre io ero fra i tanti alunni che iniziavano i loro studi di teologia. René Latourelle, un importante docente canadese, non aveva esitazione: «Il Vangelo senza i miracoli sarebbe come l’Amleto di Shakespeare senza il principe!». Ed effettivamente se solo prendessimo il racconto del ministero pubblico di Gesù secondo il Vangelo di Marco (escludendo i capitoli della passione-risurrezione), il 47% del testo è occupato da narrazioni di miracoli. Eppure la reticenza dei teologi recenti al riguardo – a differenza degli apologeti del passato – è palpabile.

Basti solo qualche esempio, a partire proprio dal citato mio maestro Latourelle: «I nostri antenati potevano credere a causa dei miracoli; se noi crediamo, lo facciamo malgrado i miracoli». Stessa frase ribadita da Louis Évely, mentre Jean Simon ammoniva che «non è il miracolo a provare la fede, ma è la fede che fa accettare il miracolo». Se si risale il corso della storia, c’è ad esempio il Faust di Goethe che dichiarava lapidario: «Il miracolo è il figlio più caro della fede», anche se un noto teologo ora mio collega nel cardinalato, Walter Kasper, riconosceva che è «un figlio capace di riservare alla fede le maggiori preoccupazioni».

Fin brutale era stato il famoso teologo Rudolf Bultmann: «Non ci si può servire della luce elettrica e della radio e, in caso di malattia, dei ritrovati medici e clinici e nello stesso tempo credere nel mondo dei miracoli proposti nel Nuovo Testamento». Se risaliamo ancora più su in quel flusso dei secoli e raggiungiamo nientemeno che Paolo, l’Apostolo, l’assioma diventa ancora più radicale: «Sono i giudei che cercano i miracoli, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei» (1Corinzi 1,22-23). Coraggioso è, perciò, Andrea Aguti, docente di filosofia delle religioni a Urbino, a dedicare un intero studio proprio al miracolo, convinto che esso sia «un tema che merita di essere preso sul serio, analizzato, riflettuto e quindi anche difeso o ripudiato da chiunque abbia un minimo di interesse intellettuale verso la religione».

Il risultato delle sue analisi non solo spazza via l’imbarazzo degli stessi teologi o l’irrisione degli antichi e nuovi “atei agnostici razionalisti”, ma è prezioso per una riflessione sia storica sia sistematica e per un relativo bilancio documentario su un dato così centrale ma controverso nelle religioni. Ogni sua pagina è, infatti, un intarsio di rimandi testuali e di approfondimenti, per cui la lettura integrale sarà rilevante per teologi e filosofi, ma pure per storici del pensiero e persone provocate da un fenomeno così sorprendente, presente anche in una società tecnologica e smaliziata come la nostra, persino con evidenti degenerazioni (la cosiddetta Madonna di Trevignano insegna).

Il saggio è strutturato a dittico, le cui tavole sono tratteggiate a più registri che ora possiamo solo abbozzare, considerata la ricchezza dei “colori” tematici adottati dall’autore. Il primo quadro, oltre a una suggestiva delimitazione rispetto alle ambiguità della magia e del paranormale, si sofferma ampiamente su tre capitoli nodali che possiamo solo evocare. Innanzitutto, il miracolo vibra nel cuore del teismo classico (si pensi soltanto ad Agostino e Tommaso d’Aquino), ma è trafitto dall’irrompere della critica moderna che sboccia già nel pensiero rinascimentale e si consolida con le obiezioni della scienza moderna. In seconda istanza sul miracolo si addensa la critica filosofica moderna che ne nega la possibilità ontologica ed epistemica, ossia del dato in sé e della credenza in esso. Infine, si schiude l’orizzonte vasto dell’apologetica che vede in azione un vero e proprio senato di personalità teologiche costrette a confrontarsi con la tempesta delle critiche prima evocate e ad elaborare statuti di autodifesa. Un settore speciale è, comunque, riservato al «caso particolare dell’apologetica cattolica» che schierò personalità del calibro di Blondel, Guardini e Kasper tra i tanti, segnalando però la progressiva estenuazione e marginalità della trattazione del miracolo nella successiva “teologia fondamentale”, sostitutiva dell’apologetica tradizionale.

A questo punto il legaccio che unisce la prima alla seconda tavola del dittico è rappresentato «da una ricerca sull’inattesa rinascita dell’interesse filosofico verso il miracolo» generatrice di un vivace dibattito che si allarga in un delta di molteplici questioni teoriche. È qui che entra in scena la parte più sistematica ove emerge la profonda e appassionata investigazione del filosofo Aguti. A guidarla ci sono le caratteristiche identitarie dell’evento miracoloso, cioè la sua inspiegabilità rispetto ai canoni delle leggi di natura, la sua giustificazione soprannaturale e il significato religioso.

Il percorso è impegnativo perché cerca di tenere insieme tre linee parallele e quindi non sovrapponibili, eppure reciprocamente non indifferenti, ossia la filosofia, la scienza, la teologia. A chi seguirà questo itinerario segnaliamo alcune tappe, come il vaglio valutativo della testimonianza dell’evento miracoloso e la possibilità o meno di adottarla a livello argomentativo a sostegno dell’esistenza soprannaturale di Dio e della sua azione nelle coordinate storico-naturali. Il lettore scoprirà anche i corollari di quest’ultima componente fino alla provocatoria domanda finale: è morale un atto di salvezza com’è il miracolo destinato però solo ad alcuni privilegiati?