Il Logos, fra pensiero greco e cristiano

Lo speciale “Sui sentieri del Logos. Percorsi tra storia, filosofia e teologia delle religioni” è a cura di Gabriele Palasciano. Un testo di Roberto Radice, Università Cattolica di Milano.

Paolo di Tarso e l’interrogativo circa il vero sophos

La Prima lettera ai Corinti, per quanto abbia un’intenzione religiosa, ci porta, forse inavvertitamente, nell’orbita di un confronto filosofico di rilievo, colto solo di sfuggita e confinato sullo sfondo, a delineare il transito del pensiero rispetto all’impegno individuale degli uomini. Paolo di Tarso vuole dare autonomia al Cristianesimo rispetto alla filosofia greca, e anzi rispetto alla filosofia in genere, che è solo umana e, anzi, solo di quella parte dell’umanità che ha cultura e sapere. Ciò non corrisponde al messaggio di Cristo, e pertanto l’apostolo deve introdurre a fronte e in antitesi agli uomini di buon intelletto, gli uomini di buona volontà. Nel definire i primi usa una denominazione che si potrebbe riportare alla matrice platonica: «Dov’è – si chiede Paolo – il sapiente (sophos)? Dov’è il dotto (grammateus)? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo?» (cf. 1Co 1,18-20): ossia il suzetetes, alla lettera, il “ricercatore insieme”. Forse con questo termine vuole designare il filosofo di Scuola platonica,[1]perché il termine suzetetesè richiamato (nelle forme verbali di suzeteo) quattro volte (nel Cratilo, nel Menonee nell’Ippia Maggiore) in Platone,[2]proprio in questo significato, mentre non è attestato né in Aristotele e neppure negli stoici prima di Epitteto.

L’autore del Vangelo di Giovanni e il Logos

Contemporaneamente a Paolo, l’evangelista Giovanni incomincia il suo Vangelo con un “pezzo” di filosofia, il Prologo: «In principio era il Verbo (en archè hen o logos), il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […] tutto è stato fatto per mezzo di lui […]. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini» (cf. Gv 1,1-4).[3]Anche qui c’è un chiaro riferimento alla filosofia, ma questa volta alla filosofia stoica per il ricorso al concetto di logosche è un cardine di tale dottrina, ripreso da Eraclito, ma ampiamente sviluppato sia in accezione fisico-teologica, sia in senso logico-cognitivo e morale. Logossi traduce tanto con “parola” quanto con “ragione”, ma nello Stoicismo si predilige il significato complessivo e sintetico di “ragione insita nelle cose” e “principio divino creatore e vitale”.[4]Tutti questi significati trovano esplicite e puntuali attestazioni nei frammenti stoici rimasti e parimenti nel brano citato di Giovanni. Per tornare alla prospettiva cristiana, l’inizio del Vangelo di Giovanni,non solo permette all’uomo di fede di far uso della ragione per intendere filosoficamente il testo sacro, ma in qualche misura lo obbliga a tale impresa. D’altra parte, è lo stesso Gesù a indirizzare i suoi seguaci in questo senso quando, nelle parabole, attribuisce più di una valenza ai fatti narrati.

Proo controla filosofia?

Bisogna chiedersi allora se Paolo e Giovanni, e le linee che essi rappresentano, non siano, per caso, in contraddizione: proe controla filosofia. A nostro giudizio non sono incompatibili, ma a condizione di alcune precisazioni. Intanto i due autori, nei testi considerati, non si riferiscono alla stessa filosofia ma, presumibilmente, a due filosofie diverse. Infatti, Paolo intende parlare del Platonismo con la sua vocazione al trascendente e allo spirituale, perché vuole rifiutarlo («Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti»), mentre Giovanni assume i principi dello Stoicismo, con il suo inequivocabile materialismo, per accoglierli. Nel momento storico in cui vivono i primi cristiani, e nella necessità di rendere accetta l’idea che Dio si è fatto uomo, indubbiamente l’orizzonte materialista sarebbe stato più consono. Si può perfino ritenere che il Cristianesimo sia nato a suo modo “materialista” e lo sia stato nell’essenza, cioè nel fatto di identificare il Logoscon Gesù. Il Logosa questo punto sarebbe l’anello mancante fra la speculazione dei greci e la filosofia dei cristiani.Ma oltre a ciò, si trova una ulteriore e più importante motivazione storica, che determinò la confluenza delle due culture. Gli stoici furono i primi ad assumere nella filosofia una formula teologica cosiddetta henoteista, corrispondente all’idea di un politeismo potenzialmente mirante all’unità, cioè al monoteismo. Sostenevano che ad ogni ciclo cosmico tutti gli dei, (Apollo, Atena, Urano etc.) finissero in Zeus concepito come fuoco-logos, dove per logossi intende la ragione divina nel mondo, animatrice e ordinatrice del cosmo (in qualità di Provvidenza e di Spirito). Questo fatto permetteva allo Stoicismo una grande compatibilità con i dogmi di tutte le religioni allora praticate, purché esse si lasciassero ultimativamente intendere come espressioni di verità filosofiche – per lo più stoiche – e in particolare con la ragione stessa: appunto il logos.[5]Il grado di integrazione fra religione e filosofia era tale che Cleante pregava illogoscome si prega un dio. Il fatto è di per sé assurdo – e infatti Seneca lo contestava, perché la ragione non può flettersi –, ma lascia aperta la via ad una interpretazione razionale dei miti (e dei riti) che non si traduce in una fuga dalla religione, ma in un approfondimento di essa.[6]È possibile seguire storicamente lo sviluppo di questo processo in quasi tutte le culture religiose del Mediterraneo (greca, egiziana, fenicia, etrusca etc.). In modo particolare nel Giudaismo ellenistico che intese come un testo di filosofia la Bibbia, leggendola all’inizio in chiave stoica e poi, con Filone di Alessandria,[7]in chiave platonica, ma sempre usando del linguaggio stoico che nel frattempo si era fissato come la lingua ufficiale dell’allegoria.[8]Pensiamo che il Prologo di Giovanni abbia attinto da questo ambiente.

La via della croce e la via del Logos

A tal punto, se torniamo alla scissione iniziale fra Paolo e Giovanni e ai modelli a cui i primi cristiani si affidavano, potremmo ritenere che la via della croce indicata dall’apostolo non fosse alternativa alla via del Logosdell’evangelista[9]– proe controla filosofia –, ma che insieme rappresentassero una distinzione fra la filosofia teoretico-contemplativa (quella platonica) e una filosofia ermeneutica, rispettosa dei testi religiosi ed anche dei riti e degli usi ad essi riferiti. L’uno e l’altro si sarebbero trovati dalla stessa parte a difendere una sorta di fede illuminata e raffinata dalla pratica dell’allegoresi.[10]Per chiarire questo punto è utile una precisazione suggerita da Plutarco, per il quale di fronte al mito si presentano tre tipi di lettori: quelli che lo prendono solo alla lettera, e sono i superstiziosi; quelli che non lo tengono neppure in considerazione perché è indegno di fede, e sono i meschini(oggi diremmo gli iper-razionalisti prevenuti); e infine i saggi(allegoristi) che vanno alla ricerca dei profondi significati filosofici. Per costoro è la figura del logos, con tutta la sua complessità e ambiguità, a giustificare l’interpretazione filosofica dei miti. Questo perché nel significato di “ragione” attiene alla Verità, mentre in quello di “parola” riguarda l’espressione (rivelazione) della Verità. Inoltre, nel caso del Cristianesimo, in forza della sua costituzione materiale, il Logosnon poneva problemi alla materializzazione di Dio (dopotutto è fin dall’inizio corpo e Dio nello stesso tempo), e alla divinizzazione di un uomo. E poi rendeva onore ai sacerdoti e perfino ai poeti antichi in quanto espressioni inconsapevoli della Ragione. Dunque, salvava la tradizione proprio come faceva Gesù. A tal punto gli uomini di buona volontà di Paolo sarebbero anche sapienti, e perfino filosofi, ma di quel tipo di filosofia che, sulla base di molte testimonianze storiche, chiamerei “allegoresi”. Tante cose sorprendenti insegna questa vicenda. Ad esempio, per quale motivo tre concetti essenziali del pensiero cristiano, Logos, Provvidenza e Spirito, abbiano un’origine ed un’essenza materiale (vengono infatti dalla Stoa) e tanti concetti fondamentali della teologia – Creazione, Grazia, e il modello della teologia graduata imperante nel Neoplatonismo – abbiano un’origine allegorica. Questi elementi si possono considerare come una traccia della via che il pensiero greco ha seguito per confluire in quello cristiano, non seguendo la linea tradizionale delle Scuole, ma l’allegoria dei testi religiosi trasformatasi via via in “allegoresi”, ossia in esegesi sistematica e filosofica dei miti. Di ciò si trova una specie di conferma nel linguaggio e nella semantica: la nozione di allegoria in greco è espressa sia dal termine allegoria, che significa “dire una cosa al posto di un’altra”, sia col termine uponoiache significa “il pensiero che sta sotto”, ossia il pensiero di fondo. Quando i due significati collimano si ha il senso della Rivelazione.

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[1]Cf. E. Berti, Sumphilosophein. La vita nell’Accademia di Platone, Laterza, Roma-Bari 2010.

[2]Cf.Lexicon I: Plato, edited by R. Radice in collaboration with I. Ramelli and E. Vimercati, Electronic edition by R. Bombacigno, in: Lexicon. Collana di lessici di filosofia antica; Ancient Philosophy Lexicons Series, Biblia, Milano 2003.

[3]Cf. D. Pazzini, In principio era il Logos, in:Studi biblici, 64, Paideia, Brescia 1983.

[4]Cf. R. Radice, Stoicismo. Una dura e virile sapienza, La Scuola, Brescia 2012.

[5]Cf. Stoici antichi. Tutti i frammenti raccolti da Hans von Arnin. Introduzione, traduzione e note a cura di R. Radice. Presentazione di G. Reale, Bompiani, Milano 2002.

[6]Cf. Stoici romani minori, Bompiani, Milano 2008. Introduzione di R. Radice. Saggi introduttivi, traduzioni, note e apparati di I. Ramelli.

[7]Cf. R. Radice, Philo’s theology and theory of Creation, in: A. Kamesar (ed.), The Cambridge Companion to Philo, Cambridge University Press, Cambridge 2009, 124-145.

[8]Cf. R. Radice, Allegoria, evoluzione del concetto e del metodo nel pensiero greco, in: A. Ghisalberti (a cura di), Mondo uomo e dio. Le ragioni della metafisica nel dibattito filosofico contemporaneo, Vita e Pensiero, Milano 2010, 303-326.

[9]Cf. E. Käsemann, L’enigma del quarto Vangelo. Giovanni: una comunità in conflitto con il cattolicesimo nascente?, Claudiana, Torino 1979.

[10]Cf. I. Ramelli, G. Lucchetta, «Allegoria», in:Temi metafisici e problemi del pensiero antico. Studi e Testi, Vita e Pensiero, Milano 2004.

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