11 Dic L’alfabeto colorato della Bibbia
da Il Sole 24 Ore – 8 dicembre 2024 – di Gianfranco Ravasi.
In questo articolo il Card. Ravasi si interroga sul successo dell’ultimo libro di Aldo Cazzullo, Il Dio dei nostri padri, che offre una parafrasi narrativa dell’Antico Testamento, rendendo attuali e accessibili i suoi contenuti.
È un amico a raccontarmi questa scenetta da lui vissuta in una libreria. Entra una cliente che chiede: «Vorrei il libro di Cazzullo sulla Bibbia». Il libraio, dispiaciuto: «Purtroppo l’abbiamo esaurito perché la richiesta è forte». La cliente: «Non mi può suggerire qualcosa di simile?». Il libraio: «È difficile: abbiamo qui al riguardo altri titoli più settoriali e non saprei cosa consigliarle». Il mio amico, che ha seguito il dialogo, interviene: «Signora, prenda la Bibbia!».
Questo dovrebbe essere l’esito naturale e sperato del fortunatissimo Il Dio dei nostri padri del notissimo giornalista Aldo Cazzullo: egli ha adottato un genere praticato con successo in vari secoli, quello della parafrasi narrativa dei testi biblici (ad esempio, la cosiddetta “Glossa”), così da rivelarli nella loro trama, nei contenuti e nelle tesi principali, mostrandone il fascino e l’attualità esistenziale e sociale. Evidentemente si è di fronte a una semplificazione, ed è per questo che vale la proposta di quel mio amico, anche se questo sbocco è arduo. Proprio per tale ragione è significativa l’iniziativa di Cazzullo che anch’io, esegeta e divulgatore biblico di lungo corso, ho voluto accompagnare a latere.
È, comunque, sorprendente notare che un successo così clamoroso – al di là della fama dell’autore – svela il rilievo che la Bibbia, in questo caso solo l’Antico Testamento (resta, quindi, aperto un altro orizzonte altrettanto necessario, quello neotestamentario, per completare la “Bibbia”, ossia tutti i “libri sacri cristiani”), rivesta ancora in questo tempo secolarizzato e tecnologico. Rimane sempre sospesa l’incidenza che queste pagine abbiano in chi le legge veramente, oltre l’ascesa auspicata sul sentiero d’altura dell’originale. Cazzullo ha confessato nel prologo quale sia stata per lui non solo l’occasione ma appunto il rilievo autobiografico.
Non per nulla in filigrana si intravede la sua passione quando si affronta il tema dell’oltrevita, espresso da un celebre capitolo del profeta Ezechiele, il 37, attraverso un’emozionante scenografia, quella della valle di ossa calcificate che ritornano progressivamente alla vita, palinsesto di ogni evocazione biblica della risurrezione. Infatti, alla radice personale di Cazzullo c’è la vicenda terminale di suo padre e le sue parole: «Aldo, l’aldilà esiste… Sicuro, no. Però ne sono convinto». E, così, la citazione in esergo al libro è tratta proprio da Ezechiele: «Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò».
Tanto altro si potrebbe dire attorno all’evento generato da questo volume che ha anche il vantaggio di una scrittura limpida e incalzante, capace di rendere in modo sintetico una narrazione o un dettato originario di grande potenza e complessità. Come si è soliti dire, le Sacre Scritture sono il “grande codice” della cultura occidentale, il «lessico fondamentale della nostra civiltà» (Paul Claudel), con il suo imponente apparato di racconti, personaggi, simboli, idee e norme vitali (si pensi al Decalogo). Marc Chagall parlava di «alfabeto colorato» nel quale i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello.
Si dirà che, nel tempo della Rete, questo codice si è impolverato negli scaffali o è rimasto aperto solo tra le volute d’incenso della liturgia. Tuttavia, il successo editoriale di Cazzullo – sia pure con la limitazione della sua tipicità – è una spia che si accende e rimanda a un orizzonte bibliografico, forse meno in prima fila ma altrettanto fonte di interesse “laico”. Faccio solo un paio d’esempi recenti, per altro già segnalati in queste pagine. Da un lato, si deve riconoscere l’attenzione incessante che ha l’originale ricerca inaugurata da Massimo Recalcati ed espressa nel dittico edito da Einaudi, La legge della Parola, e La legge del desiderio, entrambi col sottotitolo programmatico Radici bibliche della psicoanalisi, nella consapevolezza di un prezioso contrappunto del testo sacro con l’opera di figure apparentemente distanti come Freud e Lacan.
D’altro lato, più specifiche sono le interrogazioni sulle Scritture che Giulio Busi conduce, con la sua dotazione molto qualificata di studioso della mistica ebraica e di storico. Frutto ultimo di questa ricerca è il suo Giovanni, ampiamente presentato nel nostro supplemento, ove si ammira la capacità di smantellare la tesi che negava al quarto evangelista la livrea di fonte storica, riconducendolo solo al volo d’aquila nei cieli della teologia, come voleva il simbolo a lui assegnato.
L’elenco delle presenze forti della Bibbia nella letteratura contemporanea è sorprendentemente lungo con scrittori ben attestati come Erri De Luca o piuttosto inattesi: tanto per esemplificare stando ai Vangeli, pensiamo a Sandro Veronesi col suo Non dirlo (Bompiani), dedicato all’evangelista Marco, oppure a un altro successo editoriale come Il Regno (Adelphi) di Emmanuel Carrère sul Vangelo di Luca. E allora rimane sempre valido, non solo per gli studenti, l’interrogativo di Umberto Eco: «Perché i ragazzi nelle scuole devono sapere tutto degli dei di Omero e quasi nulla di Mosè? Perché la Divina Commedia e non il Cantico dei cantici?». A lui accosterei l’ironia di uno scrittore devoto come il citato poeta francese Paul Claudel: «I cattolici mostrano un grande rispetto per la Bibbia e questo rispetto lo attestano standone il più lontano possibile». Questo vale, con le opportune varianti, anche per i “laici”.