Il rischio dipendenza da social media nei giovani

Da quando i social media hanno invaso la nostra vita, la domanda che tutti si pongono è: sono un bene o sono un male, soprattutto per quanto riguarda le generazioni più giovani?

La risposta è complessa tanto quanto la domanda perché sicuramente i social media con la loro ascesa hanno creato un nuovo modo di interagire, aprendo nuove significative opportunità nel contesto della comunicazione. Dall’altra però colpiscono i più giovani lasciando dei segni, dei disagi che col passare del tempo non fanno altro che amplificarsi. Questo disagio crescente è andato via via aumentando anche a causa della pandemia, che ci ha costretto a rinchiuderci per proteggerci e l’unica via di uscita nel periodo pandemico erano, appunto, i social.

Come per ogni aspetto, però, c’è un limite che non deve essere superato. Il pericolo relativo ai social media scaturisce nel momento in cui la loro fruizione da parte dei giovanissimi si tramuta in vera e propria dipendenza. Il rapporto tra le giovani generazioni e queste piattaforme negli ultimi anni sta assumendo sempre più il connotato di una dipendenza e questo aspetto è ben assodato dalla comunità e dalla letteratura scientifica. Il rischio di dipendenza da social – che nel peggiore dei casi può divenire assuefazione – però non è del tutto percepito dai più giovani.

Sarebbero oltre 1,1 milioni gli under 35 anni a rischio elevato di dipendenza da social media con i giovanissimi della fascia d’età 18-23 che risultano essere tra i più esposti alle insidie comportamentali della rete e che peserebbero per quasi il 40% sul totale. Al ridursi dell’età, quindi, aumenta esponenzialmente il rischio per questi ragazzi di sviluppare una dipendenza da social media.

Secondo una ricerca svolta dal Dipartimento Salute della Donna e del Bambino dell’Università e dell’Azienda Ospedale di Padova, nell’ambito del progetto «Salute, Giovani e Stili di Vita», solo il 34% dei giovani è consapevole del rischio di sviluppare una dipendenza da social. Meno del 10%, invece, ne riconosce i danni derivati dal loro utilizzo non responsabile. Il non recepire subito di avere un problema risiede nel fatto che vengono ignorati determinati comportamenti: il bisogno di usare sempre più frequentemente i social media, l’incapacità di smettere di usarli, i comportamenti ansiosi o agitati per il mancato utilizzo dei social media, la riduzione delle ore dedicate allo studio e al lavoro per il loro eccessivo impiego.

Siamo dunque di fronte ad una generazione di iperconnessi che però non capta i campanelli di allarme, qualora dovessero presentarsi. I giovani rischiano di perdere il contatto con la realtà, sviluppando contemporaneamente dei disagi che coinvolgono la loro salute mentale. Il binomio social media-salute mentale è oggetto di forte attenzione da parte dei ricercatori che in diversi studi hanno evidenziato un’associazione significativa tra uso massiccio delle piattaforme social e problemi psicologici. Questi disturbi comprendono ansia, sintomi depressivi, stress o, nei casi più lievi, una semplice riduzione del benessere soggettivo e dell’autostima. La soluzione non è semplice, ma in qualche modo la nascita di dipendenza da social media – soprattutto nei giovani – va contrastata con misure efficaci. Lo scopo principale è quello di rendere i ragazzi più coscienti dei pericoli, fornendo contemporaneamente gli strumenti necessari per la conoscenza e per un uso consapevole di queste piattaforme. Dunque non solo bisogna ampliare il bagaglio culturale dei giovani fruitori di social, ma è necessario anche tentare di prevenire comportamenti e attitudini che possano danneggiare i ragazzi in futuro. Solo avendo delle direttive chiare i giovani possono imparare ad acquisire consapevolezza sulla possibilità di sviluppare una dipendenza da social media.