
08 Apr Myanmar: terremoto e guerra civile aggravano la crisi
Una crisi umanitaria di proporzioni drammatiche sta travolgendo il Myanmar dopo il terremoto distruttivo che ha colpito il Paese lo scorso 28 marzo. La conta delle vittime ha superato quota 3.500, mentre oltre 5.000 persone risultano ferite e 210 sono disperse, presumibilmente ancora intrappolate sotto le macerie. António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha descritto la situazione come un’«assoluta devastazione», sottolineando lo stato di «disperazione» in cui versa gran parte della popolazione.
In un contesto già segnato da una guerra civile tra l’esercito e le milizie etniche che va avanti da febbraio 2021 con conseguenze quotidiane devastanti, la catastrofe naturale assume contorni ancora più drammatici: «Quasi venti milioni di persone, ovvero una su tre, hanno bisogno urgente di assistenza umanitaria», ha dichiarato Guterres, sollecitando una risposta internazionale rapida e coordinata. Il segretario generale ha inoltre chiesto la fine immediata dei combattimenti per facilitare i soccorsi.
L’ufficio dell’Onu per gli affari umanitari ha avviato le prime operazioni di assistenza in loco con alcune squadre; l’Oms ha inviato quasi tre tonnellate di fornitura mediche per gli ospedali che sono in difficoltà nel recepire le centinaia di feriti. India, Malaysa, Singapore e Thailandia hanno inviato sul campo personale specializzato e professionisti sanitari. Dall’estero arrivano anche aiuti in denaro, dalla Russia al Regno Unito, dall’Australia agli USA fino all’Irlanda.
Nonostante la risposta solidale di molti Paesi, le operazioni di assistenza e soccorso alla popolazione birmana rischiano di affrontare impedimenti invalicabili. Accedere a questi aiuti non sarà semplice. La situazione infatti è più complicata del solito poiché le zone più devastate sono anche quelle in cui i combattimenti al momento non sono stati interrotti. Inoltre, la giunta militare che è al potere sta ostacolando l’arrivo della maggior parte degli aiuti che provengono dall’estero, nonché di squadre di primo soccorso. La paura è che gli stessi militari si approprino dei fondi donati per l’emergenza, distribuendoli solo nelle zone a loro fedeli e sotto il loro controllo.
In merito a ciò, l’Alto commissariato ONU per i diritti umani ha denunciato gravi ostacoli alla distribuzione degli aiuti. «Le forze armate stanno limitando l’accesso umanitario in numerose aree colpite dal sisma», ha riferito la portavoce Ravina Shamdasani da Ginevra. Secondo le Nazioni Unite, infatti, l’esercito avrebbe condotto almeno 53 attacchi — tra raid aerei, attacchi con droni e bombardamenti di artiglieria — anche in zone già duramente provate dal terremoto.
A rallentare la consegna degli aiuti umanitari e l’arrivo delle squadre di soccorso, purtroppo, ci sono anche i danni alle infrastrutture. Il terremoto ha danneggiato in maniera irreparabile le principali strade, ponti e aeroporti. Salvare e assistere migliaia di birmani rimasti senza casa, feriti o intrappolati sotto le macerie è quindi una lotta contro il tempo in cui purtroppo potrebbe non bastare lo sforzo umanitario messo in campo dalla comunità internazionale senza un serio compromesso con il regime militare che governa il Paese.