L’uguaglianza parte anche dalla scuola

Dall’11 al 15 settembre gli studenti italiani torneranno a scuola dopo le tradizionali vacanze estive. Mentre per alcuni il ritorno tra i banchi è un’occasione di gioia che porta a riunirsi con i compagni di classe, per altri il rientro è sinonimo di sensazioni negative.

Molti giovani vedono infatti la scuola come qualcosa di faticoso ma soprattutto di solitario, e ciò si è accentuato maggiormente dopo la pandemia, portando tanti studenti a chiudersi in loro stessi. La stessa pandemia ha inoltre portato sotto i riflettori un altro problema, quello della dispersione scolastica: un fenomeno che in Italia riguarda principalmente i maschi, e che al livello di istituti si registra maggiormente in quelli professionali (7,2%), nei tecnici (3,8%) ma anche nei licei (1,6%).

Assenteismo, frequenza passiva, accumulo di lacune: sono tutte forme attraverso cui il fenomeno si manifesta in qualsiasi fase dell’iter scolastico. Ed è proprio la mancata consapevolezza dei saperi essenziali a connotare gli alunni afflitti da dispersione scolastica implicita o nascosta.
Nel 2019, il numero di studenti che al termine del ciclo di studi non possedeva le competenze base necessarie, si attestava al 7,5%, e due anni dopo, nel 2021 al 9,8%, probabilmente a causa dei lunghi periodi di sospensione delle lezioni in presenza. Finalmente questo trend negativo sembra essersi interrotto e se i dati del 2022 registravano solo un lieve miglioramento con un 9,7% (‐ 0,1% rispetto all’anno precedente), quelli del 2023 accennano a una vera inversione del fenomeno, con un 8,7%.

Il fenomeno dell’abbandono scolastico però non si verifica solamente nelle scuole ma coinvolge anche gli studenti che interrompono un percorso post diploma: secondo i dati dell’INAPP ad oggi circa 5 milioni di diplomati fra i 18 e i 74 anni si sono iscritti a percorsi universitari senza portarli a termine. E se è vero che in molti lo fanno per inserirsi nel mercato del lavoro, tanti altri raccontano di vivere momenti di stress emotivo che li porta a non riuscire a proseguire gli studi.

Al livello scolastico invece, tra i motivi alla base dell’interruzione del percorso, ci sono in generale fattori di tipo socio-economico come difficili situazioni familiari, povertà del territorio di origine, differenze culturali o di genere, ma anche incertezza delle prospettive occupazionali e scarsa efficacia dell’istruzione ricevuta in precedenza. A mancare è anche la consapevolezza del circolo vizioso che la dispersione scolastica nel medio-lungo termine innesta: la mancanza di un titolo di studio si rivelerà penalizzante e metterà gli early leavers nelle condizioni di avere meno opportunità lavorative, influenzando in maniera negativa il loro futuro.

Se guardiamo alle classifiche europee purtroppo la fotografia che restituiscono del contesto italiano è desolante: secondo i dati Eurostat infatti l’Italia occupa il terzultimo posto per tasso di abbandono (12,7%) seguita solo da Spagna (13,3%) e Romania (15,3%). Numeri ben lontani dalla media europea del 9,7% che si traducono anche in un maggiore costo per lo Stato in termini di misure di protezione sociale e contrasto alla criminalità. Il PNRR (Piano Nazionale per la Ricostruzione e la Resilienza) ha disposto un piano di investimenti da circa 1,5 miliardi di euro per contrastare l’abbandono scolastico, con i primi 500 milioni che serviranno a finanziare progetti in 3.198 scuole con studentesse e studenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

Lo scorso maggio, in occasione del centenario della nascita di Don Milani, il Presidente Mattarella ha ricordato il grande educatore come una guida per i giovani ma soprattutto come un forte sostenitore della scuola come motore primo delle idee di giustizia e uguaglianza e come leva per contrastare le povertà. D’accordo con questo ideale, il Presidente si è anche espresso proprio sulle disuguaglianze che si verificano in questo ambiente sostenendo che «Il merito non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all’Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito».

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