La scuola: un ospedale che cura i sani e respinge i malati

«Se si perdono i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola, è un ospedale che cura i sani e respinge i malati». Questa era la frase con cui Don Milani, il parroco di Barbiana che ha legato la sua figura di prete con quella di educatore, descriveva la scuola pubblica, incapace di combattere le diseguaglianze sociali, per colpa di un sistema elitario ed esclusivo, incapace di “far le parti uguali fra disuguali”.

Nel 2021 il tasso di popolazione che ha abbandonato prematuramente i percorsi formativi si è attestato al 12,7% in Italia. Un dato ancora troppo lontano dall’obiettivo che il Consiglio dell’UE ha fissato nel 2021: 9% entro il 2030. I fattori che più influiscono sull’insuccesso scolastico degli studenti sono legati proprio alla famiglia e all’ambiente circostante, soprattutto nella scuola primaria. Privazione materiale significa privazione educativa. E i dati lo confermano. La segregazione socio-educativa tra studenti con background familiare diverso è evidenziata chiaramente nel Report “Alla ricerca del tempo perduto. Un’analisi delle disuguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana”, pubblicato da Save the Children nel settembre 2022.

Un fenomeno interessante da analizzare è quello della “dispersione scolastica implicita”, che indica quel numero di studenti che non abbandonano la scuola ma arrivano al diploma con profonde carenze nelle competenze. Non riuscendo a raggiungere gli obiettivi di apprendimento stabiliti per il termine del ciclo scolastico, questi ragazzi non saranno quindi in grado di affrontare l’Università o il mondo del lavoro. Tra il 2019 e il 2021, in seguito alla pandemia da Covid-19, il numero di questi studenti è salito dal 7,5% al 9,8%, con risultati molto diversi a livello territoriale. Nelle regioni del Sud infatti, il 45% degli studenti di scuola secondaria di primo grado non raggiunge livelli di apprendimento adeguati in italiano e la percentuale sale al 54% nel caso della matematica. La percentuale di tutti quegli alunni che non raggiungono competenze matematiche e linguistiche di base, i cosiddetti “passerotti senza ali”, come li chiamava Don Milani, cresce all’abbassarsi del livello culturale e socio-economico della famiglia di origine.

Quali soluzioni per sconfiggere la povertà educativa? Per rompere il legame tra istruzione e livello socio-economico la scuola dovrebbe dare opportunità uguali anche ai ragazzi più svantaggiati, garantendo un’uguale distribuzione nell’offerta di servizi e infrastrutture. Infatti nelle 10 province con punteggi medi in italiano più bassi le scuole primarie con palestra sono solo il 19,8%. Mentre sale a 42,6 la percentuale di scuole primarie che hanno la palestra nelle 10 province con punteggi medi in italiano più alti. Il divario non cambia anche per quanto riguarda la mensa e il tempo pieno: le province che hanno studenti con risultati migliori in matematica o italiano sono le stesse che garantiscono un’offerta scolastica di qualità. Migliori infrastrutture significa migliori risultati in termini di apprendimento e diminuzione del rischio di dispersione scolastica.

La scuola è un sistema complesso, che influisce sul futuro dei singoli individui. Dovrebbe essere un momento di formazione dell’individuo, di consapevolezza di sé e delle proprie possibilità. La scuola come momento di formazione personale è infatti fondamentale per rendere consapevoli gli individui di quelle che sono le proprie potenzialità e i propri obiettivi per il futuro. Insegnare, imparare ma anche relazionarsi. “Io amo la scuola, perché quella donna mi ha insegnato ad amarla”. Così esordiva Papa Francesco in Piazza San Pietro il 10 maggio 2014 di fronte a studenti, docenti e genitori ricordando la sua prima maestra della scuola primaria. Fondamentale quindi, secondo il Pontefice, il ruolo degli insegnanti che, con il loro pensiero aperto, curioso, che cerca di andare aldilà di quello che le cose sembrano, devono essere capaci di conquistare gli studenti, e attrarre anche i ragazzi più difficili. Come ha ricordato infatti Papa Francesco di recente: “La scuola ci insegna a capire la realtà”, prepara i ragazzi ad affrontare il domani. Imparare ad imparare: è questa la capacità che una volta appresa rimane per sempre, anche quando il mondo attorno a noi cambia così tanto, da non riconoscerlo quasi più.

 

 

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