
19 Lug Non ignorare irrazionalmente ciò che la ragione domanda
Lo speciale “Quel che resta di Ratisbona” è a cura di Gabriele Palasciano. Un testo di Carla Canullo*.
[…] Tuttavia, come ogni cosa che ci troviamo davanti senza averla originariamente scelta, per conoscerla e sapere “che è” non basta nascervi, occorre risceglierla, fino a dubitarne liberamente, a metterla in discussione, ad accettare la sua provocazione e l’infinita e libera ermeneutica che essa, come ogni verità, domanda. Il dialogo interculturale e interreligioso non può perciò ignorare che il primo dialogo è intrareligioso, è quel dialogo con “ciò davanti a cui” si sta e può essere penetrato e capito soltanto se lo si sceglie e vi si assente con spirito libero, e dunque e di nuovo con libertà, soprattutto con la libertà della ragione che non teme ciò di fronte a cui è chiamata a tradursi e tradurre la verità. Inevitabilmente, ridurre questo “davanti a” cui si nasce a sottocultura, come Benedetto XVI scrive nel discorso, o a ignoranza dei fatti e della realtà significa impedire a chi non vuole rinunciare a quest’alterità originaria di conoscerla, di starvi davanti. Significa recidere un fatto umano senza motivare tale recisione con spiegazioni o motivazioni. Ancora, significa avere scelto per altri (ad esempio per le culture più religiose) senza domandare all’altro (e dunque all’uomo religioso) di scegliere; significa dunque imporre di non scegliere e decidere (o decidersi) “davanti a”. Addirittura, significa negare la stessa possibilità del rifiuto e della negazione, che resta comunque un esercizio libero fondato su ragioni.
Dieci anni dopo il Regensburger Rede, i drammatici episodi di violenze in nome di una pretesa religione ci dicono quanto il testo sia stato profetico, soprattutto nell’invito a non ignorare irrazionalmente ciò che ragionevolmente la ragione domanda, e ciò in forza del fatto che ciascuno è chiamato a decidere e che nessuno deve sostituirsi a questa scelta. Il testo, allora, attraverso l’appassionata sottolineatura del Logos, ci dice che non c’è dialogo interculturale se prima questo non è intraculturale, ossia un libero esercizio della propria ragione davanti alla propria religione; libero di quella libertà che anche la verità domanda quando non vuole essere una serie di affermazioni tautologiche per assumere, invece, quella carne che la rende affidabile e perciò la fa amare.
Questa libertà che fa breccia nella ragione allargandola verso la sua necessità di rispondere oltre che di affermare, di amare mentre sa e conosce, questa libertà che è al cuore della congiunzione di ragione e fede, è ancora oggi la potente sfida al pluralismo culturale e religioso. Sfida che si formula come invito ad andare alla radice di ogni singolarità che sta nella pluralità senza limitarsi a considerare quest’ultima come dato di fatto. Contro un pluralismo che appiattisce le differenze, questo discorso risponde sfidandoci ancora, dopo dieci anni, ad assumere con serietà l’originalità irriducibile delle differenze di ciascuno, originalità e differenze cui non si deve rinunciare e che, anzi, possono e forse devono essere “portate liberamente davanti a”, per una co-abitazione di menti e cuori liberi, la cui libertà non si opponga alla verità e alla ragione che in questa triangolazione costruisce ponti tra religioni e culture. Infine, nel lanciare questa sfida Benedetto XVI non ha parlato di religioni o alle religioni, ma ha fatto appello al Logos comune, o alla Sapienza comune a tutti gli uomini, denunciando le espressioni che annullano la libertà. Appello scaturito dall’amore per il Logos che nella storia è stato Parola pronunciatasi come Avvenimento nella carne. Al fondo, allora, resta la sfida di un Fatto che interroga la libertà e “svela i segreti di molti cuori” per provocare ogni cuore alla libertà di cui è profondamente tessuta la sua esistenza.
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*Carla Canullo è professore di filosofia teoretica, filosofia della religione e ermeneutica interculturale all’Università degli Studi di Macerata. Ha studiato l’opera e il pensiero di Husserl, Heidegger, Gadamer, Pareyson, Ricoeur, Nabert. Specialista del pensiero filosofico francese contemporaneo, collabora con il Laboratoire de Phénoménologie et Philosophie herméneutique di Parigi, oltre ad essere corrispondente italiana dei Fonds Nabert. Specialista di filosofia interculturale, è tra l’altro membro della Société francophone de Philosophie de la religion e del Laboratoire de Phénoménologie et herméneutique di Parigi. Ha all’attivo numerose pubblicazioni.