La violenza sulle donne: ne parlano gli studenti al “Cortile”

Si è svolto, poco prima della fine del 2016, presso il Pontificio Consiglio della Cultura, un incontro incentrato sul tema della violenza sulle donne, che ha favorito un dialogo, libero e vivace, tra gli alunni ed ex alunni del liceo classico “Tasso” accompagnati dal professor Sergio Ventura e il professor Massimo Pieggi, e con la presenza anche del professor Giuliano Amato.

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In un primo momento è stato ripreso l’excursus, proposto durante l’incontro precedente, sulla fenomenologia della violenza fisica e psicologica, in cui si era soffermata l’attenzione sull’attualizzazione del problema della poligamia, tanto comune nella società islamica, o meglio, della “tetragamia” – definita così dalla dottoressa Corrao –, e sulla mancanza della spiritualità e solidarietà nella società occidentale e consumista.

Poi, sono stati delineati i punti chiave comuni ai vari contributi, evidenziandone, in particolar modo, due: il primo che riguarda il problema della relazione tra violenza e sessualità, quindi, come si vive la sessualità e, ancora prima, il desiderio di legame affettivo e sessuale; l’altro concerne diverse questioni come il possesso, il controllo e “l’altro come proprietà”. A tal proposito, si è posto un quesito da cui hanno preso spunto molti interventi resi dai ragazzi: il possesso è legato a una questione culturale – cioè, è la cultura che ci ha abituato, con l’ideologia religiosa o filosofica, a possedere il femminile – o è un dato naturale?

Riportiamo la riflessione del presidente Giuliano Amato:

“La questione della violenza sulle donne risale alla Bibbia, e dunque, i cambiamenti culturali che sono intervenuti da allora non hanno interrotto la continuità di un fenomeno che continua a esserci. Tuttavia, nel nostro tempo, si da grande importanza al cambiamento culturale insito nell’emancipazione femminile – dietro cui, sostiene Francesco, l’uomo violento, nasconde il proprio interesse cattivo –quindi, nel fatto che la donna non sia più un animale mansueto, a disposizione, anche sessualmente del maschio, ma un pari. È stata abbandonata la concezione secondo cui la donna sia esclusivamente dotata di un’intelligenza uterina, legata alla gestione domestica e all’allevamento dei figli. Questo ha creato un’enorme crisi del maschio; è come se l’uomo provasse paura e, per vincerla, usasse la violenza, riaffermando, così, l’antico possesso nei confronti di un esso che è diventato una lei. Il problema culturale, dunque, deve esser affrontato prima sul piano culturale”.

Come evidenzia Giovanni, studente del liceo classico Tasso, non deve assolutamente essere tralasciato il dato naturale, insito nella natura maschile, di dominare, anche fisicamente, la donna. Quest’aspetto può esser ricollegato alla ricerca, durante la fase della crescita, di un gruppo cui appartenere, di un vero e proprio ruolo da ricoprire che prende, come punto di riferimento, il modello di maschio invincibile, di macho, eredità di una cultura patriarcale, sostenuta in seguito anche da Irene: “È importante per il maschio ostentare una certa figura, una certa maschera d’invincibilità e perfezione, per superare la propria insicurezza, che non lascia apertura a nessun tipo di sensibilità e di sentimento. Credo che sia proprio dalla volontà di adottare questo modello, offerto dai social media e dalla televisione – Padre Laurent parla, infatti, di un problema di narrazione che necessita di una cellula di veglia – che nasca il bisogno e il riflesso di vedere la donna come un oggetto esclusivamente legato all’affermazione di sé”. Oggi, infatti, a dominare è una società consumista che legittima “il consumo delle cose, la donna che diventa oggetto e una società in cui si fa shopping di donne, del femminile”. Andrea cita l’antropologo Strauss, spiegando il suo pensiero: “La donna è il bene più grande che abbiamo perché dà la vita. Come si può notare, essa è configurata come un bene, e non come un soggetto; di fatto, in quanto tale, tutte le culture la usano, la scambiano, per stipulare alleanze o per regolare affari economici, ma soprattutto, per sfuggire all’endogamia”. Si tratta propriamente di “un mercato di beni di consumo, fatto prevalentemente da maschi, e in quanto tale è, per sua natura, attratto dal bene di consumo su cui c’è l’immagine della donna oggetto”, chiarisce il Presidente Amato.

Come osserva Alessandra Sciarra, i modelli proposti dai media hanno un effetto tanto sui ragazzi, quanto sulle ragazze: “Entrambi sembrano avere dei modelli culturali sbagliati, che li portano a pensare che ci sia il bisogno di qualcuno, dalla forte mascolinità, che prenda in mano le cose e qualcun altro invece, la donna, che deve in qualche modo de-umanizzarsi e diventare quasi un possesso”.

A contribuire all’interiorizzazione di questi modelli è sia la società, sia l’ambiente familiare non paritario, comune in molte realtà italiane, dominate o “dalla figura del padre-padrone o dalla mancanza del padre”, come evidenzia il professor Sergio Ventura.

Soffermando la riflessione sul problema riguardante la società contemporanea, Matteo Giordano, studente di filosofia, parla di un preciso legame: “Il problema della società è strettamente connesso alla mancanza dell’autorità, non di un’autorità decidente, ma di una vera e propria autorità. Tutte le autorità, l’università, la scuola, la stessa famiglia, a livello politico e religioso, sono state dissolte. Oggi, ci si permette di ridere di tutto e di banalizzare tutto, a favore di un atteggiamento nichilistico che elimina la morte dalla vita”.

Chiara Bevilacqua, studentessa del liceo Tasso, rileva un altro aspetto: “La società non insegna a riconoscere dei modelli di “eroine” cui ispirarsi. L’idea di Eugenio contesta quest’ultimo punto: “Non esistono valide eroine femminili perché non c’è una codificazione di quello che è un eroe femminile. Non c’è una reinterpretazione di ciò che potrebbe essere un eroe femminile, ma vi è solo la trasposizione, da un sesso all’altro, del concetto di eroe”.

IMG_6242Chiara, propone un’altra riflessione circa il ruolo dei media di oggi: “Ci stanno insegnando che, quello che tempo fa si pensava potesse fare soltanto l’uomo, alla fine può farlo anche una donna. Non è un essere maschio o l’esser una copia dell’eroe maschio; è l’essere un eroe a modo proprio. Comunque le eroine di questi film non sono esseri superficiali. Sono analizzate nella loro profondità emotiva; si potrebbe parlare di un volere essere eroe alla pari degli eroi maschili”.

È, dunque, importante sottolineare questa influenza esterna propria della realtà 2.0, ma come fa notare Ludovica, studentessa al terzo anno di giurisprudenza: “Sicuramente da una parte ci sono dei modelli imposti, da cui chiunque può consapevolmente fuggire, soprattutto nella società contemporanea dei social media, che sì impongono un modello, però consentono anche di informarsi su molte questioni. Dall’altra parte è innegabile che la violenza generi violenza”. Secondo il professor Amato: “Noi abbiamo questa creatura maschia che parte da quel mito terrificante che fa coincidere la forza con la violenza. Si tratta di una figura tendenzialmente insicura e il frutto di quest’ultima è, secondo molti, l’omosessualità, intesa come rifugio. La scelta legata a questa fuga nel rifugio dell’omosessualità, nascerebbe dalla convinzione per cui senza quella maschera io non posso instaurare un rapporto con una donna.” Come evidenzia Francesco, laureato in filosofia e ora musicista, “di fronte a questa crisi del maschio, chi si rifugia in relazioni omosessuali, prima dei maschi, sono le ragazze”.

Si è posto, inoltre, l’accento sulla violenza all’interno delle coppie omosessuali. Dai dati è emerso che tanto nelle coppie eterosessuali, quanto in quelle omosessuali, è presente la violenza. Oggi esiste una violenza 50 e 50: è presente su livelli diversi, ma ugualmente problematici.

Il fine del dibattito, come osserva Padre Laurent, è stato quello di stimolare una riflessione su tematiche filosofiche e culturali in linea con il modus operandi e facendi del “Cortile dei Gentili”: dialogare per conoscere se stessi e gli altri, perché “Le paure nascono quando uno non incontra lo sguardo dell’altro”.

 

di Federica TESTAVERDE

> Qui è possibile leggere gli atti dell’incontro

 

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