Kuhn, Popper e Colson: paradigmi, falsificabilità e conversione

Ispirandosi al lavoro di Robert Merton – ritenuto da molti uno dei padri della sociologia moderna – Thomas Kuhn, nel 1962, propose una teoria per spiegare l’evoluzione del pensiero scientifico, la cosiddetta teoria della “rivoluzione scientifica”. Secondo Kuhn, la scienza non avanza in maniera lineare: i dati delle osservazioni si accumulano in teorie e le teorie formano dei paradigmi, che godono di una forte rigidità. Infatti, quando un dato nuovo non può essere spiegato da un paradigma, la comunità scientifica cerca ad ogni costo di giustificarlo o ignorarlo poiché, spesso inconsapevolmente, protegge il paradigma dominante. Questo accade fino a quando una generazione nuova di scienziati riesce a fare un salto – spesso con vivi contrasti – creando un nuovo paradigma, corredato da teorie aggiornate, in grado di prendere in considerazione le nuove osservazioni. A questa visione, conosciuta colloquialmente come quella del “cambiamento di paradigma” (paradigm shift), si oppose un altro filosofo contemporaneo della scienza: Karl Popper. Popper vede la scienza come un progressivo aggiustamento, il cui motore è il “criterio di falsificabilità” (falsifiability o refutability): gli scienziati riescono a esaminare dati nuovi disegnando nuovi esperimenti e protocolli che possono confutare le loro ipotesi di base. In questo caso, la scienza non progredisce a salti, ma con una specie di meccanismo circolare: osservazioni iniziali che danno vita a teorie e nuove osservazioni, che a loro volta entrano nelle teorie e le modificano gradualmente e solo nella misura della quale dei protocolli sperimentali di confutabilità delle nuove osservazioni e ipotesi lo permettono.

Inutile dire che Kuhn e Popper hanno ricevuto elogi e critiche; le loro visioni sono anche state spesso manipolate, soprattutto per ragioni di ideologia politica. Di certo, esistono esempi nella storia della scienza che danno ragione sia all’uno che all’altro, tant’è che molti ritengono che avessero entrambi, almeno in parte, ragione.

“Kaninchen und Ente” (“Rabbit and Duck”) from the 23 October 1892 issue of Fliegende Blätter
Una raffigurazione tipica del paradigm shift: si vede una papera o un coniglio?

Quando si applica questa dibattito alla fede viene spontaneo chiedersi cosa sia la conversione e anche qui gli esempi non mancano. Se si è kuhniani, si invocheranno esempi del tipo di Sant’Ignazio di Loyola, che hanno avuto momenti di rottura nella loro vita. Se si è popperiani, si additeranno santi del tipo di Santa Teresina di Gesù, che sono sempre cresciuti nella direzione della santità sin dalla loro infanzia. Forse nella crescita della fede di ciascuno di noi c’è un poco di Kuhn (momenti di trasformazione sensibile a causa di avvenimenti specifici) e un poco di Popper (maturazione lenta e laboriosa, spesso impercettibile). Una lezione, però, vale per tutti, e la riassumono bene le parole di Chuck Colson che, condannato e incarcerato dopo lo scandalo Watergate, cambiò la sua vita per metterla a servizio dei meno fortunati: convertirsi – diceva – può essere la questione di un attimo, ma vivere una vita da buoni cristiani, è uno sforzo quotidiano che dura tutta la vita.