#ilMaleÉ colpa di Dio?

Per superare la classificazione (piuttosto stantia) credente-e-non-credente, proprio qui nel “Cortile dei Gentili” affondiamo il coltello lì dove la discussione ha possibilità di svilupparsi a partire dalle difficoltà.

Così, invito tutti a scrivere le loro idee sul male avvalendosi dell’hashtag #ilMaleÉ.

Partiamo da un hashtag, il resto verrà da sé.

Chi è il responsabile, il colpevole del male? È forse Dio? O non è nessuno e niente? O è la natura?

Qualunque cosa sia ciò che chiamiamo il male ha un’origine e una definizione attraverso la quale gli uomini leggono i fatti e misurano i loro comportamenti.

Il male però non è solo degli uomini e per gli uomini. Esso infatti è nell’essere, nella e della natura, nel e del mondo. Basti pensare a un fatto arcinoto: il terribile terremoto di Lisbona del 1755, che rase al suolo più della metà della città di allora, distrusse edifici lasciando dietro di sé orrore e morte. Ne parlò Voltaire – chiedendosi dove fosse Dio, addirittura in quel giorno di Ognissanti (1 novembre 1755) – opponendosi alla teoria di Leibniz sul migliore dei mondi possibili.

Quella devastazione, per gli uomini è e fu un male, gli uomini la chiamarono e la chiamano male. Perché?

La parola e l’idea di male che noi usiamo per definire situazioni negative, è sufficiente? Si tratta di una categoria che va oltre il nostro linguaggio o il nostro sentire e pensare? È, insomma, una categoria dell’essere o solo il frutto di una nostra particolare percezione dovuta alla sofferenza che l’accompagna?

Non occorre essere ferventi religiosi per chiedersi se Dio sia il colpevole del male. Questo è un argomento filosofico tra i più complicati, è un argomento esistenziale che riguarda la vita, la storia di tutti, e riguarda l’origine del diritto, della politica, dell’economia, della morale, della convivenza. E si può iniziare ad affrontare se si legge in relazione con l’idea di libertà.

Male e libertà.

Platone sostiene che (il) Dio non è causa del male, cioè il Dio è innocente: Theòs Anaítios.

Sant’Agostino dice, come Platone, che Dio non è causa del male, ma ne è origine, cioè Dio origina il male ma non ne è colpevole. Perché? Perché solo così si può realizzare la libertà dell’uomo. É l’uomo, quindi, che scegliendo tra il male e il bene, è libero in virtù di tale possibilità di scelta.

È così che stanno le cose? Pensiamo, per esempio, alla tratta degli esseri umani, al lavoro schiavile, alla prostituzione, alla schiavitù alla quale è dedicato il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015 (che abbiamo presentato in Sala Stampa con padre Lombardi https://www.youtube.com/watch?v=wfNU5aeug1U).

Dio, insomma, per farci liberi, ci renderebbe capaci di fare il male, cioè ci renderebbe capaci di fare schiavi i nostri simili? La libertà, che esisterebbe in virtù della possibilità di fare il male, è la stessa che occorre costruire per sradicare il suo opposto, cioè la schiavitù? Sembra proprio una contraddizione. Come uscirne? Non vedo che una strada: l’azione. Quale azione? La necessità di unirci per liberarci in questa vita.

Noi dobbiamo liberare sia lo schiavo, sia lo schiavista. La schiavitù, infatti, annienta la dignità dell’uomo in

catene, così come quella di chi queste catene le stringe ai suoi polsi.

Ma ciò da cui dobbiamo liberare, cioè il male, deve essere conosciuto perché noi stessi possiamo concepire e

realizzare la liberazione. Rigettare sul piano innanzitutto culturale lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Ecco cosa fare, per prima cosa.

di Vittorio V. Alberti

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