05 Nov Il Novecento visto con sguardi profondi
da Il Sole 24 Ore – 3 novembre 2024 – di Gianfranco Ravasi.
In questo articolo il Card. Ravasi ci parla della figura di un laico raffinato teologo, Marco Vergottini, che propone 39 figure italiane (sei donne) segnate dall’impronta cristiana.
Bisognerebbe introdurre una moratoria nell’uso di alcuni motti divenuti simili a stereotipi: tra tutti, penso al dostoevskiano «La bellezza salverà il mondo». In questi ultimi decenni, anche sulla spinta di Umberto Eco, lo è diventata pure l’epigrafe «Siamo nani sulle spalle di giganti», ed è stato il grande semiologo e cultore di Medioevo ad assegnarne la corretta paternità che era, in realtà, duplice. Infatti, a documentare l’asserto è Giovanni di Salisbury, XII sec., nel Metalogicon, rimandando però per l’attribuzione al suo maestro, «il più perfetto tra i platonici», Bernardo di Chartres, del quale non è pervenuto a noi neppure un rigo, se non nelle citazioni del suo discepolo.
Questa premessa serve anche a rispondere a non pochi lettori o uditori che a più riprese mi interpellavano proprio sul motto in questione e la sua genesi. Esso è, questa volta, necessario e pertinente per giustificare un’interessante galleria di ritratti curata da un laico raffinato teologo, Marco Vergottini, e posta all’insegna proprio di quel simbolo. Per svolgerne il pieno significato è, però, suggestiva l’intera asserzione di Giovanni di Salisbury-Bernardo di Chartres: «Siamo come nani sulle spalle di giganti, e così possiamo vedere più cose e più lontano non tanto per l’acume della nostra vista né per l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati più in alto dalla loro statura».
A questo punto non ci rimane che incamminarci lungo quella galleria per scoprirne i volti. Si tratta di personaggi italiani del Novecento, segnati dall’impronta cristiana, la cui incidenza nella trama storica ecclesiale, culturale e talora anche politica del nostro paese è stata sollecitata ed esaltata dall’evento capitale del Concilio Vaticano II. La sequenza comprende 39 profili e il quarantesimo è forse lasciato al lettore perché lo completi con una sua memoria personale (io stesso ne avrei più di uno, sia pure minore, da allegare). È scontato, per le ragioni ben note, che a dominare sia il genere maschile.
Tuttavia s’affacciano anche sei donne che vorrei far salire tutte sulla ribalta. Politiche di grande caratura: da un lato, Maria Eletta Martini, deputata e senatrice dalla forte impronta sociale, convinta che la vera pratica politica «abbia un grande fascino, anche quando fa soffrire»; d’altro lato, Tina Anselmi, «partigiana della democrazia antifascista, partecipata, pluralista, paritaria, sostanziale, laica e trasparente» (come la ritrae nel suo bozzetto Rosy Bindi), prima donna italiana divenuta ministro. Ecco poi Adriana Zarri, che abbiamo evocato in passato su queste pagine; Anna Maria Cànopi, la monaca mistica a cui accorrevano per ascoltarla e confrontarsi con lei tante persone insospettabili di legami religiosi; e Maria Vingiani, importante artefice del dialogo ecumenico e interreligioso. A parte ho lasciato la figura più in ombra eppure interessante, Maria-Luisa Rigato, la prima donna a varcare la soglia di una prestigiosa facoltà teologica romana, il Pontificio Istituto Biblico, su impulso dell’allora docente e rettore, il futuro card. Carlo M. Martini. A lei va un ricordo personale intenso perché fu mia compagna di studio in quelle aule, accolta da noi maschi col titolo divertito di Miss Biblicum.
Più ardua è, invece, la selezione all’interno degli altri 33 personaggi. Si parte, con una presenza imponente, quella di Giorgio La Pira, ma a venirci incontro ci sono anche Aldo Moro, Vittorio Bachelet, Giuseppe Dossetti, veri e propri giganti della politica che un po’ smentiscono l’assioma di Bernardo di Chartres, perché i nani saliti ora sulle loro spalle non sanno purtroppo né vedere più cose né più lontano. Poi la fila dei sacerdoti che hanno lasciato un’impronta non solo ecclesiale ma anche civile e culturale: come non citare p. Turoldo, Carlo M. Martini, p. Balducci, Tonino Bello, Pino Puglisi, Lugi Bettazzi e così via? In un contesto intellettuale apparentemente “laico/laicista” hanno, però, varcato frontiere per esporsi e imporsi anche voci come quelle di Mario Luzi, Giuseppe Lazzati, Augusto Del Noce, Luigi Pareyson, Ermanno Olmi e altri ancora, alcuni agli antipodi tra loro come il semprevivo don Lorenzo Milani e l’impertinente Baget Bozzo. Sta di fatto che coi protagonisti e con gli altri volti, anche minori, si riesce a smentire l’impressione di un cattolicesimo afono o marginale nel Novecento post-conciliare. È merito della molteplice legione degli autori dei ritratti che si riescono a indentificare alcune nervature importanti dell’influsso esercitato nella società italiana da parte di queste 39 personalità dai differenti lineamenti, ma dalla testimonianza solida e potente. Come scriveva il poeta Luzi, «vola alta la parola» che essi hanno proclamato con le labbra e con le mani delle loro opere. A loro possiamo applicare l’immagine di uno scritto neotestamentario, la Lettera agli Ebrei: siamo stati «circondati da una nube/nugolo di testimoni» (12,1). Una nube le cui gocce erano, però, trapassate da una luce trascendente e, come accadeva ai figli di Israele lungo il tragitto del deserto del Sinai, rivelavano il mistero del divino e dell’umano.