23 Set Il difficile percorso dei care leavers
Il raggiungimento della maggiore età non per tutti ha lo stesso significato. C’è chi a 18 anni ha certezze, una famiglia solida su cui contare, un sostegno quotidiano, idee sul proprio futuro. E chi invece deve iniziare a costruire le proprie basi solide da capo perché fino a quel momento ha vissuto una realtà incerta, provvisoria. Questa è la realtà che si trovano ad affrontare i care leavers, ragazzi e ragazze che durante la minore età sono stati allontanati dalla propria famiglia di origine perché non era in grado di provvedere alla loro crescita ed educazione. Hanno quindi vissuto parte della loro infanzia presso una famiglia affidataria o una struttura di accoglienza residenziale che ha tutelato i loro diritti. Il termine “care leavers” letteralmente indica “una persona che lascia l’assistenza” che fino a quel momento è stata l’unica certezza che aveva.
Questi giovani “fuori famiglia”, lasciando il sistema di tutela, sono costretti ad affrontare il difficile passaggio di transizione verso l’autonomia e la vita adulta senza gli strumenti adeguati. È un fenomeno che sta tornando in primo piano nel dibattito pubblico ma anche politico a causa dei numeri che lo caratterizzano. Quantificare nel dettaglio i ragazzi e le ragazze bisognosi di accedere a un percorso di accompagnamento oltre la maggiore età diventa, però, molto complesso. In Italia, secondo l’ultimo report curato dall’Istituto degli Innocenti, nel 2021 i bambini e ragazzi tra 0-17 anni affidati ai servizi residenziali per minorenni si stimano essere 14.081 mentre per i bambini e ragazzi in affidamento familiare la stima è di 13.248. A questi si sommano i minori stranieri non accompagnati (Msna) che secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, aggiornati al 30 giugno 2024, sono 20.206 di cui il 74,64% ha tra i 16 e i 17 anni.
Diventare adulti è un percorso difficile e complesso sotto molti punti di vista. Se gli adolescenti, poi, si trovano a vivere una realtà priva di punti di riferimento, in cui lo Stato stesso li riconosce adulti solo perché hanno 18 anni, questo viaggio diventa una vera e propria odissea. Secondo i dati Eurostat del 2022, in media un giovane in Italia lascia la casa dei propri genitori a 30,1 anni e la motivazione è puramente socioeconomica: il mercato del lavoro è difficilmente accessibile quindi ai giovani e alle loro famiglie conviene investire in formazione universitaria o professionale.
Questo scenario, fatto di istruzione, formazione e supporto familiare, è una chimera per i care leavers che, oltre a fare i conti con un vissuto familiare difficile e a tratti traumatico, perdono con la maggior età qualsiasi tipo di sostegno e si ritrovano catapultati in una società disorientante. Per loro, perciò, è difficile diventare adulti ed essere al passo dei loro coetanei più “fortunati”, ma soprattutto diventa ancora più complesso crearsi possibilità economiche che li rendano indipendenti già a 18 anni. Questa transizione di crescita forzata rischia di aggiungere ulteriori difficoltà per i giovani che provano da soli a inserirsi in una società che sottovaluta la loro condizione. Sono senza prospettive né assistenza, dal reddito alla casa fino all’accesso all’università.
Non sempre i numeri di questo fenomeno sono nero su bianco e una delle problematiche è anche questa, la difficoltà di individuare e quantificare i care leavers perché non esiste un vero e proprio monitoraggio, un database nazionale per conoscere questi “neo-adulti”. Perciò le politiche governative in primo luogo devono orientarsi verso questo primo step, per poi puntare al rifinanziamento del fondo nazionale “Care Leavers” con cui creare la rete di sostegno ad hoc per ogni situazione. Ad oggi questi ragazzi hanno dalla loro parte gli enti del terzo settore, operatori sociali e reti nazionali che li supportano e che portano allo scoperto la complessa realtà di questi giovani invisibili. Ma c’è bisogno che lo Stato faccia molto di più, non trattando con superficialità la loro condizione e offrendo più opzioni perché ogni ragazzo e ragazza ha una storia diversa, un percorso diverso da affrontare verso il raggiungimento dell’autonomia e tempistiche differenti.