
26 Mag Il creatore, il mondo, l’umanità
da Il Sole 24 Ore – 25 maggio 2025 – di Gianfranco Ravasi.
Le pagine di apertura della Bibbia, i cc. 1-3 della Genesi, sono un grandioso affresco narrativo a forte densità teologica. Anche il lettore privo di una strumentazione esegetica s’accorge subito della giustapposizione di due racconti paralleli. Il primo, più ieratico e quasi “litanico”, celebra l’atto creativo di Dio scandendolo sulla settimana cultica che approda al riposo sabbatico (1,1-2,3). Il secondo, più “drammatico”, è impostato a dittico antitetico con una tavola che descrive la creazione progettuale e ideale e con la seconda che introduce una sorta di de-creazione causata dal peccato umano, generatore di una disarmonia radicale.
Questi capitoli sono stati avvolti (e talora travolti) da una incessante bibliografia critica e da un’affascinante rielaborazione artistica. La duplice proposta testuale che ora avanziamo è, perciò, un granello – sia pure prezioso – in questa polvere ermeneutica spesso luminosa ma talora anche offuscante. Partiamo dal primo racconto, quello settenario, e introduciamo un inaspettato corso di lezioni che su di esso ha tenuto Martin Lutero a Wittenberg con varie interruzioni, dal giugno 1535 al novembre 1545, ormai alle soglie della morte che avverrà a Eisleben il 18 febbraio 1546.
Quelle lezioni vengono ora tradotte (a cura di Nico De Mico) e pubblicate all’interno di un volume dedicato all’intera analisi del pensiero del Riformatore riguardo alla creazione e al relativo rapporto tra il Creatore e le sue creature. A questo compito piuttosto arduo si impegnano otto studiosi con una straordinaria acribia che cerca di isolare i vari fili che Lutero ha estratto dal testo sacro durante il suo itinerario teologico fino al corso del 1545, ma anticipato in altri suoi scritti. All’interno di questa analisi molteplice si allarga un ventaglio di temi.
Dal contrappunto dialettico tra l’atto efficace creativo divino e la libertà, anzi, il «servo arbitrio» negativo dell’uomo, si procede fino alla riflessione sulla categoria “tempo”. Si vaglia il linguaggio con cui Lutero a sorpresa decifra l’atto creativo che è “poesia”, nel senso etimologico di “parola” e “azione”: non per nulla l’incipit della narrazione biblica è «Dio disse: Sia la luce!», cioè un comando verbale. Gli studiosi affrontano poi questioni sistematiche complesse come quella del paradosso dell’uscire di Dio da sé stesso quando crea e, quindi, dell’essere-in-Dio della creatura: è quel panenteismo che ha lasciato un’impronta anche nei filosofi tedeschi dell’‘800 fino ai nostri tempi.
Molto altro è racchiuso in questi saggi fin sofisticati che convergono verso il testo delle lezioni terminali di Lutero, le cui coordinate ideali sono tracciate dall’introduzione accurata e sintetica di un teologo cattolico, Franco Buzzi. A questo proposito è interessante segnalare che il volume – supplemento della serie di Opere scelte di Martin Lutero, edite dalla Claudiana – ha un risvolto ecumenico non solo per gli studiosi presenti ma anche per il sostegno della Conferenza Episcopale Italiana, oltre naturalmente a quello della Chiesa Valdese, mentre non mancano membri cattolici nella Accademia di Studi Luterani in Italia (A.S.L.I.).
Passiamo ora al secondo racconto della Creazione, quello dei cc. 2-3 della Genesi, un dittico veramente grandioso centrato sulla figura umana: Adamo non è un nome proprio, ma in ebraico è ha-’adam ossia, “l’Uomo” in sé, l’umanità che è in noi, in nostro padre, nel figlio e in tutti i nostri simili, con buona pace del becero razzismo che purtroppo infetta ancora molti. Sotto il velo del genere letterario della narrazione, in realtà, si ha una raffinata eziologia metastorica sapienziale.
“Eziologia” perché si risale alle origini che sono la sorgente per spiegare tutto il fiume del tempo successivo; è “metastoria” perché la scena primordiale non è storica in senso fattuale (come spesso si è creduto), ma è tutta la storia umana nella sua anima profonda; è “sapienziale” perché l’approccio è destinato a svelare il senso ultimo dell’essere e dell’esistere (in pratica è un testo simbolico ma a valenza filosofico-teologica).
A questo punto ci rimane lo spazio solo per un rimando alla vivace rilettura dei capitoli biblici da parte di uno scrittore e giornalista, Giampiero Comolli. Egli parte dal primo racconto sulla creazione del mondo sopra citato quando abbiamo parlato di Lutero, ma si inoltra poi nel secondo, dal “Giardino delle Delizie” (Genesi 2), fino all’espulsione dall’Eden col progetto divino infranto dalla disobbedienza libera dell’uomo (c.3). Il titolo Le prime parole di Adamo ed Eva ammicca a una questione curiosa che in passato agitava i lettori: in che lingua comunicavano tra loro i progenitori (naturalmente in ebraico, secondo la tradizione giudaica…)?
In realtà, il genere sopra descritto di queste pagine bibliche con la sua tipologia simbolico-universale spazza via simili curiosità. È, invece, suggestivo seguire Comolli nelle sue riflessioni per scoprire quella «lingua dell’innocenza» che l’umanità ha in sé quando dialoga e che tende a pervertire fino a precipitare nell’incomprensione babelica (vedi il c.11 della Genesi) o nel mutismo dell’odio omicida (Caino e Abele).