Volare in Terrasanta

da “Il Sole 24 Ore” – 9 aprile 2017 – di Gianfranco Ravasi.

Il 13 aprile sarà in libreria il nuovo libro di Gianfranco Ravasi dal titolo «Sion. Guida essenziale alla Terra Santa» (Edizioni Terra Santa, pagg. 208, € 14). Il volume offre un affascinante itinerario storico-religioso tra Galilea, Samaria, Giudea e Gerusalemme. Dall’introduzione al volume è tratto lo stralcio qui pubblicato.

Il grande poeta tedesco Goethe ammoniva: «Se vuoi conoscere lo spirito di un uomo, devi conoscere la sua terra». Per capire gli uomini della Bibbia e lo stesso Gesù è necessario comprendere la terra in cui sono vissuti e si sono manifestati. La religione biblica, infatti, non è un’esperienza estatica e misterica ma è la celebrazione di un’«incarnazione», cioè dell’ingresso del divino nella trama dei giorni dell’uomo e all’interno delle terre e delle strade del nostro pianeta. Una guida della Terrasanta deve, perciò, non solo condurre il pellegrino nelle tappe che egli percorrerà durante il suo viaggio ma anche svelare l’intreccio profondo che intercorre tra fede e storia, tra salvezza e geografia, tra esperienza religiosa ed esperienza culturale e sociale.

Quattro sono le grandi tappe che corrispondono ai momenti fondamentali di un pellegrinaggio in Israele: la Galilea, la regione settentrionale teatro dei primi atti di Gesù, la centrale Samaria, la meridionale Giudea e al suo centro ma anche al centro di tutta la Terrasanta e di tutta la Bibbia Gerusalemme, la città santa delle tre religioni monoteistiche sorelle, l’ebraismo, il cristianesimo, l’islam. All’interno di ognuna di queste grandi tappe si snodano, in successione alfabetica, le località concrete in cui il pellegrino sosterà: 18 centri per la Galilea, le 3 soste della Samaria, i 16 punti maggiori della Giudea e le 19 visite di Gerusalemme. All’interno delle descrizioni di tutte queste località, a cui sono spesso legati i ricordi minori, vengono evocate storia, topografia, archeologia, dati biblici, tradizioni giudaiche, cristiane e musulmane. Prima di iniziare il nostro viaggio è necessario, però, definire alcune coordinate fondamentali in modo molto sommario ma sufficiente per una corretta visione d’insieme (…).

Un cenno merita il nome di questa terra. Nella Bibbia ci incontriamo con l’espressione «terra si Canaan» dal nome degli indigeni preisraelitici; talora si ha anche la locuzione «terra d’Israele», che è stata ripresa dall’attuale stato ebraico. «Palestina», usato in epoca romana e attualmente dagli arabi residenti nei territori occupati da Israele o insediati nell’area denominata «Stato di Palestina» (Ramallah e Gaza) oppure dagli esuli all’estero, significa «terra dei Filistei», una popolazione residente nel sud e proveniente forse dall’area greca. «Terrasanta» è, invece, l’indicazione tradizionale usata dai cristiani.

Due sono le grandi fasi storiche vissute da questa terra. La prima fase è quella documentata soprattutto dalla Bibbia. Abramo da Urin Mesopotamia emigra nella terra di Canaan attorno al 1800 a.C. I suoi discendenti scendono in Egitto attorno al 1600 e, divenuti schiavi, riescono con l’«esodo» (XIII sec. a.C.) a rientrare nella terra «promessa» di Canaan. Dopo una prima struttura politica tribale retta da una specie di governatori locali detti «giudici», con Saul, Davide e Salomone attorno al 1000 a.C. abbiamo la costituzione di una monarchia unita. Ma le autonomie tribali risorgono e nel 930 a.C. si creano due regni fratelli ma ostili: il regno meridionale di Giuda, con capitale Gerusalemme, retto dalla dinastia davidica, e il regno settentrionale di Israele, che avrà come capitale Samaria e che sarà governato da varie dinastie tra frequenti colpi di stato. Il primo regno crollerà nel 586 a.C. sotto i colpi dei babilonesi, il secondo cadrà prima, nel 721 a.C., sotto l’invasione assira.

Con l’esilio babilonese l’unico filo dell’ebraismo è affidato a Giuda che i persiani, subentrati ai babilonesi, lasciano con l’editto di Ciro del 538 a.C. rientrare in Palestina. Inizia, così, l’epoca post-esilica giudaica, inizialmente piuttosto rigida a livello religioso e civile, anche se successivamente scossa dall’ellenismo che cerca invano di mettere in crisi le istituzioni religiose e politiche ebraiche. La rivoluzione dei Maccabei (II sec. a.C.) è il segno di questa autonomia. Ma la dinastia che da essi discende lascia il passo al figlio di un edomita convertito al giudaismo, Erode il Grande, che dà origine a un potente regno con la benevola tolleranza dei romani. Sotto il suo regno, forse nel 6 a.C., nasce Gesù e si apre in questo modo la storia cristiana della Terrasanta.

Alla morte di Erode l’incombente presenza romana provoca una prima rivolta giudaica nel 66-70 d.C. che si conclude con la distruzione del Tempio e di Gerusalemme ad opera di Tito. Nel 132-135 una seconda rivolta sedata nel sangue da Adriano mette il sigillo alla prima fase della storia della Terrasanta.

Si apre, allora, una seconda fase che giunge sino ai nostri giorni, che dobbiamo solo schematizzare ma che ha lasciato grandi tracce in Terrasanta. La presenza cristiana inizia con Costantino e sua madre Elena nel 325 e si espande in quella che verrà chiamata la cultura bizantina. Un’offensiva persiana nel 614 porta rovine e devastazione sui santuari e sulle comunità cristiane bizantine. Ad essa subentra l’offensiva arabo-musulmana dal 634 in avanti: è da allora che gli arabi sono insediati in Palestina. I loro rapporti coi cristiani, prima buoni, si fanno tesi attorno all’XI sec. Scatta, allora, quella grande impresa religiosa, politica e commerciale che furono le otto Crociate, dal 1096 al 1270 con la conquista di Gerusalemme e del S. Sepolcro e con la costituzione del regno latino di Terrasanta.

Ma la riscossa araba, prima con Saladino (battaglia di Hattin del 1187) e poi con la dinastia turca degli Ottomani, spazza via i crociati. Solo i francescani terranno viva nei secoli successivi la presenza cristiana. Momenti di grande splendore furono vissuti sotto Solimano il Magnifico, sultano ottomano dal 1520 al 1566: a lui si devono le attuali mura di Gerusalemme.

Il crollo dell’impero turco nel 1917 introduce in Palestina gli inglesi mentre inizia la prima migrazione ebraica dell’Europa sotto la spinta del sionismo propugnato da Theodor Herzl, un ebreo ungherese (1860-1904). Il governo inglese con la «dichiarazione Balfour» si proclama favorevole alla costituzione di un «focolare nazionale» ebraico in Palestina.

Scoppia nel 1947-48 la prima guerra arabo-israeliana in seguito al ritiro degli inglesi che lasciano via libera ai due contendenti, i residenti arabi e gli immigrati ebrei. Il 14 maggio 1948 a Tel Aviv Ben Gurion fonda o stato ebraico i cui confini giungono in Galilea ma si arrestano davanti alle mura di Gerusalemme che resta sotto il controllo giordano. Nel 1956 scatta una seconda guerra arabo-israeliana tra Israele, appoggiato dagli inglesi e dai francesi, e l’Egitto in seguito alla nazionalizzazione egiziana del canale di Suez. Terza guerra, detta dei Sei Giorni, nel 1967, con l’occupazione da parte di Israele dell’intera Cisgiordania, del Sinai, della fascia di Gaza e delle alture di Golan. Quarta guerra, detta del Kippur perché scoppiata durante questa solennità ebraica, nel 1973 tra Egitto e Israele. Dopo una visita a Gerusalemme del presidente egiziano Sadat (1977), Egitto e Israele raggiungono nel 1978 con la mediazione statunitense un accordo (Camp David), rifiutato però dall’OLP, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina guidata da Y. Arafat. Nel 1982 gli israeliani invadono il Libano per snidarvi i palestinesi: l’operazione apre una serie di reazioni a catena che riduce allo stremo il Libano in una guerra civile di difficile soluzione, complicata poi dalle vicende che riguardano la Siria, mentre si fa più aspra la divisione tra Israele e i palestinesi, come è attestato dalle cronache degli ultimi decenni.

La storia della Terrasanta è quindi striata di sangue fino ai nostri giorni e il pellegrino ne vede le tracce durante i suoi itinerari all’interno del suo viaggio. La sua preghiera non può essere che quella del celebre «salmo del pastore», il 23: «Il Signore ci condurrà ad acque tranquille, ci rinfrancherà, ci guiderà per il giusto cammino per amore del suo nome». Le parole di Isaia sono un po’ la nostra speranza e il nostro impegno per la pace: «Il Signore benedirà tutti i popoli dicendo: Benedetto sia l’egiziano mio popolo, l’assiro mia creatura e Israele mia eredità» (19,25).

A questo riguardo è suggestivo il Salmo 87 che esalta la maternità universale di Gerusalemme, pronta ad aprire a tutti i popoli la porta della salvezza: «Il Signore l’ha fondata sui monti santi:/ per questo egli ama le porte di Sion/ più di tute le dimore di Giacobbe».