Un lockdown per ritrovare il dialogo

Ritornare a comunicare in famiglia. Una sfida possibile con una medicina potentissima come il lockdown. Ce lo ha ricordato anche Papa Francesco: “È un’occasione bella per ritrovare i veri affetti con una creatività nella famiglia”.

Perché quello che scorre nei nostri giorni non è solo cronos, un tempo piatto e monotono che ci fa perdere il conto di questa clausura forzata. Se guardato con la giusta lente, assume le forme del kairos, il tempo favorevole, dell’opportunità, quello da sfruttare e valorizzare. A maggior ragione se si pensa che tra le scoperte amare che questo coronavirus ci ha riservato, sicuramente va incluso il modello sociale che in alcuni casi domina tra le nostre famiglie. Quello che non prevede dialogo perché non c’è tempo, legame perché non c’è modo, comprensione perché non c’è conoscenza.

Colpa anche degli eccessivi stimoli che riceviamo nella condizione umana in cui siamo costretti. La cosiddetta “Onlife”, per chiamarla come Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford. Un neologismo che indica nient’altro che un’esistenza in cui la barriera fra reale e virtuale è caduta e non c’è più differenza fra “online” e “offline”, ma c’è appunto una “onlife”. Uno stile di vita che caratterizza soprattutto i più giovani, il cui numero di ore trascorso online è in costante aumento. Secondo i dati della Società Italiana di Pediatria, il numero di adolescenti tra gli 11 e i 17 anni che naviga quotidianamente su Internet è passato dal 56% del 2016 al 72% del 2018.

È innegabile che le nuove tecnologie e Internet oggi permeano la vita dei ragazzi e delle famiglie, incidendo anche su riti e gesti della quotidianità, su modi, tempi e contenuti delle conversazioni familiari. L’incombente presenza della rete e del digitale sta cambiando gli stili educativi, le consuetudini e le scelte di ogni giorno: dalle abitudini a tavola, ai ritmi sonno-veglia, alle modalità di acquisto. Ma le nuove tecnologie influenzano la quotidianità tanto dei ragazzi quanto dei loro genitori. Il gap digitale tra adolescenti e adulti non riguarda più le modalità di utilizzo del web, la cui fruizione è sempre più simile. Tanto che i genitori comunicano con i figli utilizzando sempre più spesso app e strumenti tecnologici: Whatsapp nel 68% dei casi, altre chat offerte dai social network nel 18% dei casi.

Ma è proprio in questo tempo di isolamento domestico che le nuove tecnologie hanno ri-assunto e ritrovato le funzioni originarie e positive, ovvero quelle di mettere in comunicazione tra loro le persone non per evadere dalla vita reale ma per sopperire alla mancanza di vedersi e incontrarsi fisicamente, superando il metro di distanza imposto. Le piattaforme di chat e videochiamate si sono moltiplicate e tutti i device di cui disponiamo sono stati utili non solo per non perdere il contatto con il lavoro o gli insegnanti, ma soprattutto per mantenerlo con i nonni, gli zii, gli amici. E di conseguenza anche in casa la famiglia sembra più unita del solito.