Umanesimo e bellezza

17-10-2011

Firenze

Umanesimo e bellezza

Dopo Bologna e Parigi, Firenze ha accolto il “Cortile dei Gentili” per una serata dedicata al tema: “Umanesimo e bellezza, ieri e oggi”. Nello splendido Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, si sono alternati due duetti, uno animato dal drammaturgo Moni Ovadia e dal filosofo Sergio Givone, l’altro dal poeta Erri de Luca e dallo storico dell’arte Antonio Paolucci.

Mentre si apriva ufficialmente il “Cortile dei Gentili” a Parigi, lo scorso marzo, l’Accademico Jean Clair, già direttore del Museo Picasso, terminava un intervento assai critico sull’impossibile alleanza tra Chiesa e arte d’avanguardia con questa affermazione: “Un Dio senza la presenza del Bello è più incomprensibile che un Bello senza la presenza di Dio”.
Senza la poesia e senza la bellezza Dio rischia di rimanere un’astrazione, e la fede diviene incapace di parlare al cuore dell’uomo. La bellezza, nella concretezza sensibile dell’opera d’arte, rimanda sempre di nuovo all’invisibile, a un Oltre, dove c’è posto per una nuova e più profonda relazione tra l’umano e il divino, che non mortifichi l’autonomia della creatura e non faccia di Dio il distante Signore dell’iperuranio. La bellezza non può allora essere scaturigine di un nuovo “umanesimo”, dove l’uomo, avviando il riscatto della frammentazione del sapere e della sua stessa immagine, nel tempo dello strapotere tecno-scientifico, si riscopra “microcosmo” e impari a tessere una nuova relazione tra Dio, l’umano e il cosmo?
L’umanesimo di ieri deve essere cancellato, come un pezzo archeologico nella ricerca di una nuova creatività? Firenze, sarà condannata ad essere solo un museo a cielo aperto?