«Nel programma di Papa Leone XIV i temi di Bergoglio. Ma lui è più dolce»

dal Corriere della Sera  – 9 maggio 2025 – di Gian Guido Vecchi

«È una persona molto semplice, di un’umanità intensa. Sulla linea di Francesco, ma meno spigoloso. Molto delicato, molto fine, un uomo mite».

Il Cardinale Gianfranco Ravasi è colpito, anche se a ripensarci i segnali c’erano stati. «Sorprende la velocità, ma durante le congregazioni alcuni segnali erano emersi…»

Aveva detto qualcosa di particolare?

«Ciò che pensa, il suo programma, è tutto nelle parole che ha rivolto ai fedeli dalla Loggia delle Benedizioni. La pace, la missione, la spiritualità. Anche quello dei migranti sarà un tema che proseguirà. Sono i cantieri di Papa Francesco, non per niente ha citato pure la sinodalità. Ma l’essenziale, ciò che ha colpito, è il suo modo di essere.

In che modo?

«Più volte mi è capitato di camminare e conversare assieme a lui, ci siamo scambiati dei libri, lo accompagnavo a piedi a Porta Angelica, dove abitava. È un uomo che crea spontaneità, cosa che a un tempo lo unisce e lo differenzia da Bergoglio. È più dolce. In un mondo urlato, è un americano delicato che rappresenta tutto il continente, anche l’America del Sud. Non è lo statunitense yankee. Una persona semplice, che si occupava di un Dicastero importante come quello dei vescovi, e per questo ha uno sguardo internazionale, ma non amava apparire.»

E ora?

«È chiamato a custodire col patrimonio che abbiamo visto in questi giorni, dalla morte di Francesco all’apparizione di Leone XIV alla Loggia delle Benedizioni. Pensi alla potenza dei simboli. La tomba spoglia di Francesco, la fissità mistica della folla che guardava un modesto comignolo, la bellezza stessa del rituale. In un mondo così aridamente tecnologico, si è tornati al fascino del sacro. Questa realtà, che può apparire così arcaica, invece, attrae.»

Leone XIV ha parlato di missione…

«Si, e questi giorni hanno mostrato come anche in una società scristianizzata c’è sete di trascendenza. In un mondo dove domina l’indifferenza morale e religiosa, la fede è considerata irrilevante, l’etica è mobile secondo le circostanze, la Chiesa ha la possibilità di entrare con la potenza del suo messaggio, di parlare ancora dell’oltre, delle cose ultime: la vita, la morte, la libertà, il male, la sofferenza, l’amore, la felicità, la verità, la pace, l’armonia. Leone XIV si è definito un figlio di Agostino, la figura più alta della cristianità…»

Insomma, c’è ancora spazio per parlare delle questioni escatologiche?
«Più che mai, lo abbiamo visto. Molti hanno provato attrazione nel sentire risuonare la parola evangelica che inquieta le coscienze intorpidite. Aveva ragione Pascal quando diceva che l’uomo supera infinitamente l’uomo. La domanda religiosa resta viva, nonostante tutto. C’è stata un’esplosione di interesse che allontana la tentazione di dire: rifugiamoci all’interno del tempio, difendiamo le nostre posizioni. Si tratta di tornare a proporre le grandi questioni della trascendenza, della vita e della morte. Bisogna tornare al kerygma, all’annuncio delle origini.

Non c’è niente da fare. Questo è l’orizzonte in cui opererà il nuovo Papa.»