La tragedia degli orfani di femminicidi

Secondo il Ministero degli Interni, nel corso del 2023 in Italia si sono verificati 118 femminicidi, di cui 98 nell’ambito familiare o domestico. Nei primi due mesi del 2024, già si contano 11 casi di omicidio di donne, motivati da questioni di genere. Dietro a questa piaga si nasconde un altro problema altrettanto tremendo, quello dei figli rimasti orfani in seguito alla morte della madre per mano del padre. Si stima, da dati dell’ottobre 2023, che in Italia ci siano circa 417 orfani di femminicidio.

Gli orfani dei femminicidi vivono una tragedia dai risvolti devastanti. I figli, infatti, finiscono per perdere entrambe le figure di riferimento. Questi bambini non solo devono affrontare la morte della madre, ma sono privati anche del padre che finisce in carcere o, alle volte, si suicida. Oltre al dolore per la perdita dei genitori, sono chiamati a confrontarsi con problematiche materiali, emotive, sociali e giudiziarie. A causa di traumi del genere, i figli delle vittime di femminicidi subiscono problemi nel processo di sviluppo al livello emotivo, relazionale e cognitivo.

In Italia non esiste un vero e proprio registro istituzionale degli orfani di femminicidio per far riferimento a dati ufficiali. Per fornire dati su questo triste fenomeno si è fatto affidamento per anni sulla prima indagine nazionale, il progetto europeo ‘Switch-off’, realizzato in collaborazione con ‘D.i.Re’ (Donne in rete) nel 2015. Tuttavia, gli aggiornamenti di questa indagine del 2018 offrono solo una stima di “oltre duemila” casi di minori con la madre assassinata dal padre.  Nel 2020, la società senza scopo di lucro “Con i Bambini” si è impegnata nel progetto “A braccia aperte”, tramite cui si cercano di aiutare gli orfani di femminicidio. Questo programma, che costituisce anche una piattaforma dal basso tramite cui raccogliere i dati, opera in Italia tramite quattro progetti attivi in diverse zone del paese: il progetto “S.O.S- Sostegno Orfani Speciali” nel nord ovest, “Orphan of Femicide Invisible Victim” nel nord est, “Airone” nel centro e “Respiro” al sud.

I dati relativi al programma “A braccia aperte” indicano che il 95% dei beneficiari è composto da cittadini italiani, il 74% ha un’età compresa tra i 7 e i 17 anni, e il 13% ha già manifestato forme di disabilità prima dell’uccisione della madre. Più del 40% di essi ora vive in una famiglia affidataria, il 10% in comunità femmmentre solo il 5% di essi è stato assegnato a una famiglia adottiva. Dal punto di vista economico, l’83% delle famiglie affidatarie arriva con difficoltà a fine mese e il 15% ha un reddito inferiore a 12mila euro. La zona d’Italia con più orfani accompagnati è il Sud con 100 minori sui 157 a carico di “Con i Bambini” (a ottobre 2023). È inquietante invece sapere che nel 36% dei casi il bambino ha assistito personalmente all’uccisone della madre.

Purtroppo il tema degli orfani dei femminicidi non è abbastanza trattato da giornali e televisione, e rimane marginale negli interessi dell’opinione pubblica. Sulla questione Fedele Salvatore, responsabile del progetto “Respiro”, ha dichiarato: «Ciò che preoccupa è il fatto che spesso gli orfani rischiano di essere solo un effetto collaterale dei femminicidi, in quanto l’attenzione, come è ovvio che sia, è concentrata sull’evento delittuoso, sulle indagini, sul dolore della famiglia che perde una figlia, finendo per trascurare il ruolo dei bambini che proprio in quei giorni necessitano di un’attenzione specifica».

I bambini per crescere hanno bisogno d’amore. In un appello rilanciato nel giugno 2015 a Radio Vaticana, Papa Francesco ha dichiarato: «Per un figlio non c’è insegnamento e testimonianza più grande che vedere i propri genitori che si amano con tenerezza, si rispettano, sono gentili tra di loro, si perdonano a vicenda. I figli, prima di abitare una casa fatta di mattoni, abitano un’altra casa, ancora più essenziale: abitano l’amore reciproco dei genitori».