Ecomafie, il Covid non ferma i predoni della nostra “casa comune”

Il crollo di reati predatori registrato nel lockdown non ha trovato riscontro per quanto riguarda i crimini ambientali. A segnalarlo è il rapporto “Ecomafia 2021” di Legambiente, che ha evidenziato un preoccupante aumento di illeciti a danno del nostro ecosistema nel 2020.

Nell’anno della pandemia, infatti, nonostante la flessione dei controlli effettuati (-17%) i reati ambientali sono saliti a 34.867 (+0,6%), con una media di quattro ogni ora. «Non si deve assolutamente abbassare la guardia contro i ladri di futuro» ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, con un esplicito riferimento alle nuove generazioni, le più danneggiate da questo trend negativo.

L’allarme lanciato dall’associazione pone dunque l’accento su uno sfruttamento che mina alla collettività e che non può non farci interrogare sul futuro della Terra, la “casa comune” che tutti abitiamo.

Una fonte di preoccupazione condivisa dalla comunità cristiana e da Papa Francesco. Quello della cura della “casa comune” è infatti un concetto formulato dal Santo Padre nell’enciclica Laudato Si’, già nel 2015. Facendo riferimento al Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, il Papa ha indicato la necessità di riservare un diverso trattamento alla Terra, che è insieme casa, sorella e madre. «Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla», recita un passo della lettera.

Un pensiero che si sposa con quei movimenti giovanili, come Fridays for Future, che promuovono una nuova sensibilità nei confronti del pianeta, senza lesinare critiche ai decision makers mondiali.

Una convergenza che vede la Chiesa, le associazioni e la maggior parte delle parti sociali spingere nei confronti delle istituzioni affinché si possa trovare applicazione concreta alle richieste di una maggiore sostenibilità ambientale da parte della comunità.

Su questo fronte, segnali incoraggianti arrivano dall’Unione Europea. L’Europa desidera fortemente essere quella casa comune che l’enciclica del Santo Padre ha dipinto come un luogo da proteggere e amare. Non è solo una questione di numeri, pur rilevantissimi, come i 400 miliardi stanziati Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) e i 750 miliardi Next Gen-Eu, il piano per fronteggiare la crisi pandemica, gran parte dei quali destinati alla transizione ecologica. Dietro queste cifre appare con evidenza che non si tratti solo di investimenti, ma di una visione volta a indirizzare i cittadini europei verso un sistema valoriale più sano.

Un sistema valoriale ancora una volta in linea con le parole di Papa Francesco, che da tempo ha indicato la necessità di «passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere».

Purtroppo a livello globale i lavori per trovare un’intesa multilaterale incontrano non poche difficoltà, come emerso dai recenti G20 e Cop26. Fortunatamente, sono molti i movimenti che rifiutano una visione di una Terra sfruttata.

«Il creato è un dono di Dio. Se nella nostra esperienza di cristiani non lo difendiamo, se non lo proteggiamo e anzi lo distruggiamo, commettiamo un peccato». Queste parole, pronunciate da Tomás Insúa al Corriere della Sera, vivono tutti i giorni nel Global Climate Catholic Movement, di cui è fondatore, direttore e portavoce. Trasferitosi nel 2017 a Roma, Insúa è riuscito a realizzare una rete di quasi 700 associazioni Cattoliche sparse per il mondo e impegnate sul tema ambientale.

Segnali incoraggianti, che ricordano giorno dopo giorno quanto una cooperazione trasversale, dall’alto e dal basso, possa fare la differenza in questa sfida epocale.