Dell’Amore e della Morte …

Nel giro di pochi giorni ho partecipato ad un matrimonio e ad un funerale: amore e morte! Due eventi normalmente opposti con aspetti in comune: ci sono gli amici, i parenti, i conoscenti, i curiosi; ci sono i fiori e la musica; si piange in entrambi, c’è chi ama e chi è amato. Cosa li differisce: la progettualità, la festa, la gioia, il ‘per sempre’. In entrambe le celebrazioni è stato letto l’‘Inno all’Amore’ di San Paolo tratto dalla I Lettera ai Corinzi: «L’amore è paziente, è benigno l’amore; non è invidioso l’amore, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non avrà mai fine». E Virgilio nelle Bucoliche ricorda a sua volta che “l’amore vince tutto: e anche noi cediamo all’amore”. Non per niente Dante lo ha scelto come guida per superare le oscurità dell’Inferno e accompagnarlo per quasi tutto il Purgatorio.

Nella Bibbia mi ha sempre colpito la frase del Cantico dei Cantici che recita “forte come la morte è l’amore”, proprio in un libro che parla di una storia d’amore; anche qui, infatti, i due termini sono accostati e mostrati come simili. Dov’è lo scarto? Possibile che non ci sia differenza? Avrei voluto leggere invece “forte più della morte è l’amore” e sarebbe bello avere come titolo principale su ogni quotidiano: «Oggi l’amore ha vinto la morte!». Del resto lo ha scritto anche Thomas Mann che “è l’amore, non la ragione, che è più forte della morte”.

Impossibile, utopia? Ho incontrato persone in cui l’insinuarsi del dolore e poi della morte non hanno fatto altro che rafforzare l’amore. Ho visto in loro dedizione completa e totale dell’uno verso l’altra senza far vincere la disperazione e la rabbia pur nella malattia. Ho conosciuto chi ha trasformato “il lamento in danza”, cedendo sì alla morte, ma abbracciata dall’amore e dall’amicizia. Ho sentito piangere il cuore, infrangersi, ma non venire trafitto dalla morte perché la freccia dell’amore non gli ha dato dimora. C’è stato chi all’orecchio, durante un abbraccio consolatorio, mi ha sussurrato queste parole di Eugenio Montale: «Non posso pensarti dolente da che la morte odora di risurrezione». Così l’amore vince la morte con le carte del ‘per sempre’, del ricordo che si fa memoria, del sentimento che il tempo non fa svanire, dell’abbraccio fra cielo e terra che vivifica, della speranza dell’eternità.

Si piange e si soffre, è inevitabile; si chiede il perché, si grida a Dio, è giusto! Questo è anche pregare! Ci manca un pezzo di vita, di quotidianità, di futuro, una parte di noi va con chi non c’è più. Ma provare questo non è forse amare? Scrive Baldovino di Canterbury nei suoi “Trattati”: «Forte è la morte, che è capace di privarci del dono della vita. Forte è l’amore, che è capace di ricondurci ad un miglior uso della vita. Forte è la morte, che è in grado di spogliarci del vestito di questo corpo. Forte è l’amore, che è capace di strappare le nostre spoglie alla morte e restituircele».

Marco Pappalardo