Passato e futuro del discorso di Ratisbona

Lo speciale “Quel che resta di Ratisbona” è a cura di Gabriele Palasciano. Testo di Giovanni Filoramo*.

Rileggendo oggi, dopo dieci anni, sullo sfondo dei recentissimi tragici eventi europei di Parigi e Bruxelles, il Discorso di Ratisbona, non si può non rimanere colpiti dalla sua tragica (in)attualità. Dieci anni, si sarebbe tentati di dire, sono passati inutilmente. L’auspicio del pontefice che la ragione, una ragione illuminata dal Logos, potesse prevalere sulla violenza, rompendo definitivamente il cortocircuito tra fede e violenza e favorendo un dialogo interreligioso promotore di pace, sembra sempre più lontano dalla sua realizzazione.

Due mi sembrano, in estrema sintesi, i motivi di questo fallimento. Il primo è legato alla particolare visione del Cristianesimo del pontefice, che emerge chiaramente nel discorso, incentrata sul ruolo del Logos. Il secondo è collegato al particolare tipo di dialogo interreligioso che consegue a questa visione. Le brevi riflessioni che seguono vorrebbero fornire qualche spunto per approfondire questi due punti e il nesso che li collega. […]

[…] Ma che tipo di dialogo interreligioso conseguiva a un discorso come quello di Ratisbona? A mio modo di vedere, questo discorso, che identifica il logos col Logos incarnato (e crocifisso: dimensione redentiva che per Ratzinger rimane costitutiva del messaggio di salvezza cristiano), rimane perfettamente in linea con la dichiarazione Dominus Jesus del 2000 sulla unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della sua Chiesa. Il dialogo che ne consegue risulta perciò profondamente condizionato da questa unicità. Ciò non vuol dire, naturalmente, come hanno voluto intendere alcuni, che in questo modo il dialogo interreligioso è colpito alla base e diventa un monologo. A riprova si potrebbe portare il fatto, a prima vista paradossale, della lettera dei centotrentotto eminenti rappresentanti del mondo islamico che hanno risposto al Discorso di Ratisbona, portando alla promozione del Forum del novembre del 2008. Personalmente non ritengo, come alcuni vorrebbero, che machiavellicamente papa Benedetto avrebbe riportato le affermazioni dell’imperatore bizantino Manuele II proprio per far uscire allo scoperto dei potenziali interlocutori islamici. Di fatto, mi limito a constatare che il discorso non ha chiuso il dialogo con l’Islam, ma ne ha promosso una fase ulteriore.

È certo, d’altro canto, che questo dialogo, come il dialogo con altre religioni, per Ratzinger può darsi soltanto all’interno della cornice teologica fissata dalla Dominus Jesus. Da questo punto di vista, avviandomi alla conclusione, mi sembra di poter dire che i due documenti del nuovo pontefice sembrano andare in una direzione diversa. Mi limito a rilevare che l’Enciclica Laudato si’ non cita la Croce se non una volta sola e come distrattamente: l’impressione complessiva è che ora l’accento cade sulla ricerca di una spiritualità ecologica e su temi pratici (la “povertà”), che possono diventare un più facile terreno di confronto e di dialogo sia tra le diverse confessioni cristiane sia con le altre religioni. Ma è possibile un dialogo interreligioso in cui l’interlocutore cristiano prescinde dalla centralità della croce privilegiando un “Amore Universale” che può confortare e commuovere ma che poco o nulla ha a che fare con la sequela Christi e il sacrificio redentivo che essa presuppone?

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*Giovanni Filoramo è stato professore di Storia del Cristianesimo all’Università di Torino. Si è occupato di storia del cristianesimo antico, in particolare dello gnosticismo, del monachesimo orientale e di fenomeni profetici e visionari. Ai suoi lavori di ricerca storico-critica ha affiancato un’articolata riflessione sulla storia e i metodi della storia delle religioni come disciplina, promuovendo e dirigendo anche numerose opere collettanee e dizionari. Ha esaminato inoltre numerosi fenomeni della religiosità contemporanea. Ultimi libri pubblicati: La croce e il potere. I cristiani da martiri a persecutori (Laterza, 2011); Religione e religioni (Egea 2014); Ipotesi Dio. Il divino come idea necessaria (Il Mulino 2016).

 

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