Il Logos nella formazione al pensiero interculturale

Lo speciale “Quel che resta di Ratisbona” è a cura di Gabriele Palasciano. Testo di Mariangela Giusti*.

[…] Le vicende dell’oggi fra l’auto-proclamato califfato islamico e tutte le terre a nord del Mediterraneo fanno presumere purtroppo che la storia debba ripetersi ancora. Eppure, nel nostro tentativo di aiutare la riflessione e la formazione dei futuri educatori e insegnanti a una competenza interculturale, dobbiamo ricordare che la comunicazione culturale (non solo il conflitto) è alla base delle società mediterranee: i prestiti e gli scambi hanno caratterizzato per tanti secoli le rive del Mediterraneo, luoghi fertili dove le culture sono cresciute e si sono sviluppate e dove l’Occidente ha elaborato il pensiero religioso, filosofico, scientifico, ha scritto letteratura, ha prodotto arte. Credo che il Discorso di Ratisbona fornisca l’indicazione di distaccarci dalla cronaca degli ultimi anni e osservare il Mediterraneo come spazio di incontri e mediazione, che può riaprire al dialogo, che induce a ricercare le comunanze che hanno legato per secoli le culture e le religioni fra loro e con l’Europa. Dobbiamo cercare valori comuni trasmessi dalle narrazioni che hanno transitato attraverso le due sponde di questo mare chiuso, iniziando da molto indietro nel tempo. In questa nostra epoca difficile, nella quale il califfato dell’Isis miete vittime e influenza in negativo le coscienze dei ragazzi e dei giovani e li vorrebbe indirizzare verso una direzione di odio, mancanza di fiducia, di paura, il compito della scuola e dell’educazione è di trasmettere saperi e valori che possano far intuire ai giovani delle comunanze possibili, che possano essere capiti e condivisi, che non “abbiano bisogno della spada”. Saperi e valori si influenzano reciprocamente attraverso il Logos, il racconto, il ragionamento, la narrazione. Nelle classi si osserva che gli studenti più in difficoltà, che stentano a padroneggiare l’italiano, che si trovano in una situazione d’inferiorità nella comunicazione verbale e scritta cedono più facilmente ad atteggiamenti di violenza fisica, emarginazione, separatezza rispetto al gruppo e agli insegnanti; analogamente gli allievi che provengono da altri Paesi ma che hanno acquisito i valori della cittadinanza e riescono a condividere (o almeno a comprendere) i valori dei compagni hanno le valutazioni migliori. Il problema è che sempre di più gli studenti, soprattutto delle scuole superiori, hanno sistemi di riferimento che gli insegnanti non conoscono: non è più soltanto la moschea o la scuola coranica frequentata il sabato mattina (come accadeva fino a due o tre anni fa); oggi la loro formazione arriva anche attraverso il messaggio dei siti web che trovano autonomamente sui media, dai quali possono cogliere e apprendere i valori e i disvalori più diversi, perfino complottisti e fondamentalisti. Il sistema scolastico italiano (come probabilmente i sistemi degli altri paesi europei) si trova quasi – paradossalmente – in una situazione di competizione con una sorta di dimensione parallela virtuale ma altrettanto presente. […]

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*Mariangela Giusti è professore associato di pedagogia interculturale all’Università degli Studi di Milano Bicocca. Tra i maggiori specialisti italiani di pedagogia interculturale, ha consacrato diversi lavori e ricerche alle tematiche dell’intercultura, degli scambi tra individui e culture diverse, dell’educazione interculturale. È inoltre membro del Comitato di redazione della rivista Encyclopaideia (fondata da Pierino Bertolini), ideatrice e direttrice scientifica del festival “Il Diritto di Essere Bambini” sulla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, la cui quinta edizione si è svolta lo scorso settembre, a Milano, in occasione di Expo 2015.

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