Una missione di pace per tutti

La chiamano la terra di nessuno. Un’espressione che nasce dalla sua storia di contrasti perenni, che ha visto l’Afghanistan conteso tra imperi, ideologie e interessi, nel tentativo di imporgli una stabilità che in realtà non ha mai conosciuto.

Insofferente a qualsiasi dominazione, la regione afghana nei secoli è stata attaccata da alcuni degli eserciti più potenti ma a nessuno ha dato vita facile. Nell’antichità, essendo uno snodo fondamentale della “Via della Seta”, ha attirato l’attenzione degli imperi confinanti; nel XIX secolo sono stati gli inglesi e i russi a contendersi il dominio dell’Asia Centrale; nel 1979 ci ha provato l’URSS per inserirlo nella sua area di influenza geopolitica, ma nonostante la maggiore potenza militare si è ritirata dieci anni dopo.

Tutti hanno fatto i conti con l’impenetrabilità afghana, una nazione che non è mai stata soggiogata dallo “straniero”. Finché nel 2001, dopo i terribili attacchi terroristici organizzati da Al Qaeda, una coalizione di Paesi, guidata dagli USA, ha rovesciato il regime talebano rimanendo nel Paese per vent’anni. Fino a un mese fa, quando gli Stati Uniti e la NATO hanno ritirato le loro truppe, lasciando campo libero al ritorno dei talebani.

Passo dopo passo, le milizie islamiche hanno riconquistato le principali città afghane, e all’indomani della presa di Kabul tutti gli occidentali sono stati rimpatriati e i civili stessi hanno preso d’assalto l’aeroporto della capitale nel tentativo di varcare i confini ed essere al sicuro. Perché anche gli afghani hanno paura di quel che sarà e non credono alla promessa di serenità fatta dai talebani.

Ma noi cosa possiamo fare? Davanti a una guerra lontana, a una situazione apparentemente impossibile da risolvere è comune il sentimento di impotenza. Papa Francesco – come in altre occasioni davanti a drammi umanitari – ha invitato i fedeli del mondo a raccogliersi in preghiera e ad astenersi dai pasti: “Rivolgo un appello a tutti a intensificare la preghiera e a praticare il digiuno. Preghiera e digiuno, preghiera e penitenza, questo è il momento di farlo. Sto parlando sul serio, intensificare la preghiera e praticare il digiuno, chiedendo al Signore misericordia e perdono”.

Si è rivolto a tutti coloro che credono, anche i credenti di altre religioni, perché la pace è un valore universale e un dramma come quello dell’Afghanistan impone una solidarietà spirituale in grado di abbattere il muro dell’indifferenza, che spesso viene alzato in un mondo globalizzato dove ogni notizia ti raggiunge senza mai sfiorarti nell’animo.

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