Ucraina: la staffetta umanitaria

Della prima guerra europea del terzo millennio, la prima vera guerra dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono già più di 10 milioni gli sfollati. Una cifra altissima, considerando che lo scenario è limitato ai territori dell’Ucraina; una cifra altissima, sapendo che di questi più del 90% sono donne e bambini.

Gli aiuti in soccorso al Paese invaso dalla Russia non sono tardati ad arrivare. Campione di virtù la Polonia, che già il primo giorno dell’invasione, il 24 febbraio, offriva all’Ucraina uno scambio di valuta corrispondente a circa 802 milioni di euro, e già dal 6 marzo ospitava all’interno del suo territorio più di un milione di rifugiati.

Commosse e grate le parole di papa Francesco rivolte ai polacchi: “Voi, per primi, avete sostenuto l’Ucraina, aprendo i vostri confini, i vostri cuori e le porte delle vostre case agli Ucraini che scappano dalla guerra. State offrendo generosamente a loro tutto il necessario perché possano vivere dignitosamente, nonostante la drammaticità del momento. Vi sono profondamente grato e vi benedico di cuore!

Molti altri Stati hanno seguito l’esempio polacco, partecipando alla “corsa” per i sussidi umanitari. La Romania ha messo a disposizione 11 ospedali militari, Francia e Slovenia hanno inviato attrezzature di prima necessità, la Gran Bretagna ha stanziato 120 milioni di euro di fondi, e altri sussidi sono arrivati da Paesi Scandinavi, dalla Svizzera, la Turchia, il Brasile, la Corea del Sud, il Canada… Paesi fisicamente anche molto lontani che tuttavia non hanno rinunciato a far sentire sostegno e vicinanza, dimostrando come il mondo non è rimasto fermo a guardare.
Senza poi dimenticare il pacchetto di finanziamenti di emergenza da 723 milioni di dollari approvato dalla Banca Mondiale, e l’appello lanciato dall’ONU per raggiungere 1,7 miliardi di dollari in aiuti alla crisi dei rifugiati ucraini (dei quali 1,1 miliardi diretti all’Ucraina).

La posizione del Parlamento italiano al momento è quella di sostenere l’Ucraina solo attraverso aiuti bellici. Una decisione storica, da alcuni contestata, la quale tuttavia non significa che gli Italiani non si stiano attivando a supporto degli Ucraini.

Ong, organizzazioni umanitarie, associazioni non profit, parrocchie, enti privati, città e regioni contribuiscono ogni giorno alla gara per la solidarietà.
Lo slancio arriva in particolare dal Terzo Settore, sotto la guida della Protezione Civile che coordina gli aiuti umanitari. In particolare, associazioni a cui rivolgersi se si desidera contribuire personalmente a questa staffetta sono La Croce Rossa Italiana e la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio, impegnate a raccogliere fondi per sostenere i profughi e le organizzazioni caritatevoli dei Paesi vicini; Medici Senza Frontiere, Amici dei Bambini e Avsi, attive nelle zone di conflitto; Action Aid, We Word e Progetto Arca, che si occupano in particolare di donne e bambini.

Gli enti che si sono messi in moto sono fortunatamente tantissimi, e numerosissime sono le effettive possibilità di prendere personalmente parte a questa gara di solidarietà. Tuttavia è bene ricordare che i sussidi per essere efficaci devono essere coordinati al meglio e orientati verso obiettivi precisi, in modo che nessuno sforzo venga vanificato.

Al momento la raccolta fondi e l’accoglienza sul territorio sono fondamentali; altrettanto necessari sono i contributi legati all’ambito sanitario (raccolta di medicinali); mentre le raccolte di cibo e vestiario al momento appaiono meno urgenti. Infine ricordiamo l’utilità dei sussidi bellici forniti dai vari Paesi all’Ucraina, anche se sarebbe bene tenere a mente che il vero aiuto non può mai derivare dalle armi. In effetti per sostenere le truppe ucraine stiamo assistendo a una vera e propria mobilitazione dei paesi europei, una escalation di materiali che ha rimesso in moto l’industria della guerra in Europa e nel mondo.

Questa prospettiva, sapendo che tutto ciò che viene prodotto è destinato ad essere impiegato, non ci fa ben sperare, non contribuisce al prospettarsi di un clima sereno e pacificatore per il futuro. Le operazioni diplomatiche, incerte e tentennanti, non sembrano ancora ben seminare nel terreno di guerra.
Ciò che ci rimane da sperare è che la ragionevolezza e lo spirito di compromesso possa prima o poi prevalere tra le forze in campo, rendendoci conto che questa è una guerra folle, come d’altronde folle è qualsiasi guerra che si decida mai di innescare.