Soluzioni
alternative

Identificare le stelle è relativamente facile, poiché emettono della luce. Identificare i pianeti, in particolare degli exopianeti – ossia quelli al di fuori del sistema solare ma orbitanti intorno a una stella (n.b. l’esistenza di pianeti erranti sarebbe stata confermata da studi recentissimi) – è più difficile. Per scovarli, si usano principalmente due tecniche: la spettrometria fotografica (si nota nella luce della stella un’ombra quando un pianeta transita davanti alla stessa) o quella doppler (si nota una deviazione della luce emessa della stella dovuta alla gravità del pianeta intorno ad essa orbitante). Il NASA Exoplanet Archive provvede alla catalogazione dei circa 4.000 exopianeti identificati fino ad oggi. Il Habitable Exoplanets Catalog (HEC) presso la University of Puerto Rico at Arecibo, invece, recensisce la cinquantina di exopianeti che potrebbero essere abitabili.

I criteri per includere un pianeta nella HEC sono tanti. Un criterio riguarda la stella attorno alla quale esso orbita e specificamente se quest’ultima emetta il tipo di radiazioni elettromagnetiche utili per permettere l’assemblaggio di molecole autoreplicanti. Altri criteri riguardano il pianeta stesso: la presenza di H2O allo stato liquido e di un abbondanza di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, senza i quali gli aminoacidi e il DNA non potrebbe costituirsi. Un’atmosfera stabile e una eccentricità orbitale limitata (un’elisse di rotazione intorno alla stella troppo pronunciata potrebbe portare a sbalzi di temperatura esagerati).  Questi criteri partono tutti dal presupposto che la vita sugli altri pianeti usi una biochimica simile a quella osservata sulla Terra.

Poiché questo dato non è scontato, alcuni scienziati hanno proposto di rimpiazzarli con due parametri generali: la presenza di almeno un elemento chimico che possa essere soggetto all’ossido-riduzione (il silicio, per esempio, che è della stessa classe del carbonio) e un solvente universale adatto a questo elemento che permetta le medesime reazioni chimiche (l’ammonica, per esempio, che come l’acqua, è frequente allo stato liquido). In tale modo, la lista degli exopianteti con possibile presenza di vita si allungherebbe di molto.

Molti però considerano queste alternative fantascientifiche. Ed è proprio questa la questione. Fino a che punto, la speculazione è permessa all’interno di teorie scientifiche che non si basano su osservazioni? O più generalmente, fino a che punto è permesso tollerare speculazioni ragionevoli anche se non osservabili? Un problema che non riguarda solo il metodo scientifico, ma anche l’esperienza umana in genere e che riprenderemo la prossima volta con un’altra categoria molto cara, soprattutto ai fisici: il gedankenexperiment, o esperimento concettuale, che vedremo nella prossima riflessione.