Piramidi di
inefficienza

Per sostenere la propria esistenza, gli esseri viventi hanno bisogno d’energia e, quindi, possono essere classificati secondo la fonte dell’energia che utilizzano. Alcuni di essi hanno la capacità di assicurarsi l’energia direttamene da fonti non viventi (e.g., la quercia cresce grazie alla luce del sole) e questi esseri viventi sono detti “produttori”. Si chiamano così perché sono loro a provvedere l’energia al secondo livello, quello dei “consumatori primari” (e.g., il bruco mangia le foglie della quercia). Quelli che se la assicurano dai consumatori primari sono detti “consumatori secondari” (e.g., il pettirosso ingoia il bruco). Quelli che la assicurano dai consumatori secondari sono detti “consumatori terziari” (e.g., il falco divora il pettirosso).

Questa distribuzione, con tutte le sue varianti e le sue integrazioni – un quarto livello per i consumatori che si nutrono principiamene di terziari e possono esse considerati dei “consumatori di apice” (e.g., l’orca caccia soprattutto le foche e i delfini), o un livello laterale per i “decompositori” che recuperano parte dell’energia di tutte queste categorie una volte morte (e.g., il lombrico che ingurgita vegetali in decomposizione) – se rappresentata in forma lineare, è conosciuta come catena alimentare o più precisamente, catena trofica (da τροϕικός, nutrimento).

Ma, come intuito dal padre dell’ecologia moderna George Evelyn Hutchinson (1903-1991), da un punto di vista puramene energetico, si dovrebbe usare un diagramma a piramide – parlando allora e più propriamente, di piramide trofica – in quanto più bassa è la categoria, più la quantità di energia racchiusa sotto forma di biomassa è grande, decrescendo, grosso modo, di un fattore di 10 ad ogni gradino della piramide; ogni anno, i produttori accumulano una energia pari a circa 20.000 kcal/m3  di biomassa, i consumatori primari, 2.000; i secondari 200; i terziari 20 e, gli apex consumers, 2. Questo dato è significativo perché rappresenta il limite dell’efficienza del trasferimento di energia fra le specie viventi, che ahimè, è relativamente basso, visto che la maggior parte dell’energia si disperde in calore, degradazione o rimane inutilizzata perché non può essere digerita dal metabolismo.

Proprio per questo, ogni discussione sulla sostenibilità non può prescindere da un dato di base: le fonti di energia alimentare dipendono anche dalla efficienza con i quali i biosistemi trasformano l’energia solare sotto forme commestibili, attraverso vari passaggi. Alcune proposte, nel caso specifico della specie umana il cui fabbisogno di energia alimentare è crescente (come quella di nutrire l’umanità con proteine derivanti da insetti al posto di mammiferi addomesticati), andranno valutate anche attraverso tale dato crudele: la vita sarà pure bella ma non è molto efficiente, almeno energeticamente parlando.