Oltre Gaza e Ucraina dove il conflitto è diventato normalità

La seconda guerra mondiale, il più grande e sanguinoso conflitto armato della storia, è costato all’umanità anni di sofferenze, distruzione e massacri e un bilancio delle vittime compreso tra i 55 e i 60 milioni. Al suo termine, nel 1945, uomini e donne di tutti i Paesi hanno dato vita alle Nazioni Unite, un organismo internazionale che potesse aiutare a mantenere la Pace, a sviluppare relazioni amichevoli tra nazioni e a cooperare per la risoluzione dei conflitti nel tentativo di porre fine alle guerre presenti e future. Nello stesso momento in Europa i leader politici, nello sforzo di scongiurare altre catastrofi, avviarono la costruzione dell’Unione Europea dando vita alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio.

Nonostante le lodevoli premesse, la realtà dei giorni nostri descrive purtroppo un mondo decisamente diverso dove al momento sono circa 59 le guerre aperte. Dall’Afghanistan, alla Libia, al Myanmar, alla Palestina, alla Nigeria, sono molte le popolazioni del mondo per cui il conflitto è la tragica normalità.

Sei sono i conflitti definiti principali, ovvero quelli in si contano ogni anno più di 10.000 vittime: il conflitto in Afghanistan, la guerra civile in Myanmar, la crisi dello Yemen, la guerra russo-ucraina, il conflitto israelo-palestinese e quello del Tigray in Etiopia.

A questi si aggiungono numerose guerre minori, altrettanto drammatiche di cui, per mancanza di dati, non si riesce a comprenderne l’entità e la quantità di vittime. La maggior parte di queste guerre ha luogo in Africa, un continente ormai martoriato, dove è diventato estremamente difficile definire i confini dei vari conflitti tanto che spesso sono coinvolti più stati, come la guerra del Magreb in cui le fazioni sono circa 10. Il continente africano nel complesso conta oltre 46.000 vittime di conflitti di varia natura e decine di milioni di profughi. Nell’area del Sahel gli anni di violenza e criminalità hanno portato ad un declino economico e ad una costante instabilità politica che ha dato vita ad un violento estremismo che coinvolge Camerun, Ciad, Niger e Nigeria.

Allo stesso tempo continuano a scontrarsi anche gli stati asiatici. Dal 2011 la Siria è impegnata in una guerra che continua a distruggere il Paese e che era iniziata come una protesta contro il regime del presidente Assad. Dal 2011 al 2021 sono morte più di 350.000 persone, e una vittima su tre era un bambino. Dal più di 30 anni prosegue invece lo scontro tra l’Armenia e l’Azerbaijan per il controllo della regione del Nagorno Karabakh. Nessun continente è escluso inoltre se si considerano la guerra russo ucraina e quella tra Serbia e Kosovo in Europa e quelle legate alla droga in Colombia e in Messico.

«La più aberrante in assoluto, diffusa e costante violazione dei diritti umani è la guerra, in tutte le sue forme» sosteneva Gino Strada nel 2015 a Stoccolma, in occasione del premio assegnatogli per la sua capacità di offrire assistenza medica e chirurgica di eccellenza alle vittime della guerra e dell’ingiustizia. «Cancellando il diritto di vivere, la guerra nega tutti i diritti umani. La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell’immaginare, progettare e implementare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino alla completa disapplicazione di questi metodi. La guerra, come le malattie letali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare. Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future.»