Lo sport come esercizio per l’anima

Mens sana in corpore sano. Un detto entrato a far parte della nostra cultura dove per mens non si intende solo la mente ma anche l’anima. «Non mi risulta che un corpo in buona salute possa rendere l’anima buona in grazia della propria virtù; viceversa un’anima buona, per la sua stessa virtù, può perfezionare il corpo in misura straordinaria. E tu che dici?» (Repubblica, III, 403 – Platone). Epiméleia, “cura dell’anima”. Con questa espressione già Platone, già nell’antica Grecia, intuiva che la salute dell’anima fosse una terapia per rendere sano il corpo. Lo sport è stato infatti praticato sin dall’antichità. Nell’antica Grecia, dove sono nati i Giochi olimpici, la pratica dell’esercizio fisico concorreva all’espressione unitaria e completa di sé ed era considerata una terapia naturale. E proprio Papa Francesco, da sempre vicino ai temi dello sport, si è espresso così a proposito del motto olimpico “Citius, Altius, Fortius”: «Il motto “Più veloce! Più in alto! Più forte!” lo attribuiscono al barone Pierre De Coubertin, ma è stato ideato da un predicatore domenicano, Henri Didon. Assieme ai cinque cerchi e alla fiamma olimpica, è uno dei simboli dei Giochi. Non è un invito alla supremazia di una squadra sull’altra, tanto meno una sorta di incitazione al nazionalismo. È un’esortazione per gli atleti, perché tendano a lavorare su sé stessi, superando in maniera onesta i loro limiti per costruire qualcosa di grande, senza lasciarsi bloccare da essi. È divenuta una filosofia di vita: l’invito a non accettare che nessuno firmi la vita per noi».

La salute quindi a partire dall’anima. E la cura dell’anima comporta padronanza di sé, equilibrio e armonia tra il pensare e l’agire. Un atleta è tale perché giorno dopo giorno ha una cura costante nel vincere la fatica e compiere certe azioni, al fine di migliorare la propria prestazione e raggiungere obiettivi sfidanti. Lo sport permette di sperimentarsi, di comprendere i propri limiti anche a costo di dover rimodulare gli obiettivi in base alle proprie condizioni, insegnando quindi ad apprezzare sempre l’esperienza e facendo crescere la sicurezza in sé stessi. Questo crea un’abitudine che insegna ad affrontare le situazioni di difficoltà in modo da superarle nel migliore dei modi. Sport come addestramento alla vita quindi: vincere la fatica per sviluppare la resilienza. «Fare il portiere è stata una scuola di vita» ha ricordato il Santo Padre in memoria dei tempi in cui giocava a calcio con una palla di stracci.

Ma lo sport è anche un momento di aggregazione e socializzazione. Un’espressione di uguaglianza dove vigono le regole della lealtà e del rispetto, una pratica di virtù e valori. Ne è un esempio importante Nelson Mandela, che si è servito dello sport per combattere la sua battaglia contro l’Apartheid, dicendo in occasione dei “Laureus World Sports Awards” nel 2000: «Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione. È più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni».

 

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