Le tensioni tra Cina e Giappone

Dal 19 al 21 maggio la città di Hiroshima ha ospitato il 49° vertice del G7, presieduto dal Primo Ministro giapponese Fumio Kisida. Un incontro importante incentrato soprattutto sulla guerra in Ucraina, sulle crescenti tensioni nei mari della Cina orientale e meridionale, e sulle violazioni dei diritti umani da parte della Repubblica Popolare Cinese, accertate nel 2022, nei territori del Tibet e Xinjiang.

Al termine del G7 il Ministro degli Esteri cinese Sun Weidong, ha protestato per le dichiarazioni espresse durante il vertice sostenendo che i membri del summit abbiano «interferito negli affari interni cinesi» ed ha convocato l’ambasciatore giapponese Hideo Tarumi per protestare contro «la campagna contro la Cina».

Una tensione preesistente quella tra Cina e Giappone che trova le sue cause scatenanti nella rivendicazione del possesso delle isole Senkaku-Diaoyu – al momento sotto autorità giapponese ma reclamate dalla Cina – e sul futuro status di Taiwan, che Tokyo non desidera nelle mani cinesi.

La posizione geostrategica delle isole Senkaku-Diaoyu e la presenza di grandi quantità di petrolio nelle acque circostanti è da tempo oggetto di contrastanti obiettivi strategici da parte dei due stati: la rivendicazione cinese si basa su presupposti storici, fin dal XV secolo infatti le isole erano parte del Regno di Ryûkyû, Stato vassallo della Cina, e solo nel 1895 furono cedute al Giappone in seguito alla prima guerra sino-giapponese. Al termine della seconda guerra mondiale le isole passarono poi sotto l’amministrazione degli Stati Uniti che le restituì al Giappone nel 1971, dopo che già dal 1968 era stata ipotizzata l’esistenza di vasti giacimenti di risorse fossili sottomarine nella regione.

In merito a Taiwan invece Tokyo teme che la conquista dell’isola da parte di Pechino possa portare a gravi minacce; a soli cento chilometri di distanza dall’isola giapponese di Yonaguni, la sua annessione alla Cina porterebbe alla dominazione cinese dei percorsi marittimi che collegano Giappone ed Occidente oltre alla possibilità che Pechino possa utilizzare Taiwan come base militare per accedere all’Oceano Pacifico.

Le questioni tra Cina e Giappone tirano in causa i principi fondamentali dell’ordine internazionale, quello dell’integrità territoriale e quello della sovranità nazionale, perciò l’invasione Russa dell’Ucraina è un fattore influente per la definizione degli obiettivi politici e strategici. Dal punto di vista del Giappone è importante essere risoluti con la Russia in modo da scoraggiare la Cina ad agire in maniera simile in futuro.

È per questo che già nella prima tranche di sanzioni internazionali il Giappone si è fatto trovare preparato bloccando il commercio con le due repubbliche separatiste in Ucraina orientale e vietando l’emissione e la compravendita di debito sovrano russo nel Paese. In aggiunta, Tokyo ha espresso la volontà di accogliere i rifugiati ucraini, una decisione sorprendente dal momento che il Paese ha sempre accettato un bassissimo numero di immigrati. Si aggiungono a queste misure, messe in atto lo scorso anno, nuove sanzioni imposte a seguito del G7 tra cui il congelamento dei beni di 17 cittadini russi e di 78 organizzazioni ed il divieto di esportazione di beni e servizi russi, oltre allo scollegamento dal circuito SWIFT per alcune banche. Per ora il sostegno del Giappone è limitato e non può estendersi al sostegno militare: infatti a seguito della Seconda Guerra Mondiale al Paese è stato vietato il possesso di forze di terra, di mare e di aria, come stabilito nella costituzione postbellica.