Le disastrose condizioni della Somalia

Per il quinto anno consecutivo la Somalia sta fronteggiando una gravissima siccità che nel 2022 ha causato la morte di circa 43.000 cittadini e lo sfollamento di 1,4 milioni di somali, in maggioranza donne e bambini.

Il numero complessivo di persone che necessitano di aiuto è aumentato negli ultimi tre anni, passando da 5,2 milioni nel 2020 a 5,9 milioni nel 2021 e a 8,25 milioni nel 2023, e per fronteggiare la situazione le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per 2,4 miliardi di euro per aiutare il Paese del Corno d’Africa, ma fino ad ora solo il 13% del totale è stato finanziato.

La conseguenza più grave della prolungata assenza di pioggia è la crisi alimentare ormai critica, che ha colpito la popolazione e a cui si aggiunge l’impatto della guerra tra Russia e Ucraina, i principali paesi di provenienza di grano e cereali destinati alla Somalia tramite i canali di aiuti umanitari. Dall’inizio del conflitto i due governi hanno deciso di dare priorità all’approvvigionamento della propria popolazione interrompendo molte delle esportazioni dei prodotti alimentari, aggravando la situazione dei paesi del Medio Oriente così come in quelli del Corno d’Africa.

Ad influire enormemente sulla situazione già critica della Somalia c’è anche la presenza di scontri interni tra i jihadisti di Al-Shabaab ed il governo centrale guidato da Hassan Sheikh Mohamud. Un’ostilità che risale al 1991 e che negli anni ha mutato forma più volte: inizialmente si voleva abbattere il regime dittatoriale di Siad Barre, successivamente ha assunto una matrice pseudo-religiosa per poi passare gradualmente nelle mani delle Corti Islamiche.

Il movimento terrorista degli Al-Shabaab si è posto tre obiettivi principali: la liberazione del paese dalle truppe straniere, l’attuazione della Sharia – la legge sacra dell’islamismo – e l’abbattimento del governo federale somalo.

Sono stati inoltre proprio gli anni di guerra a limitare fortemente l’accesso agli aiuti umanitari oltre ad indebolire il sistema istituzionale che avrebbe dovuto aiutare a mitigare le conseguenze della crisi climatica ed economica. Al momento circa 700 mila persone vivono in aree non raggiungibili dai soccorsi a causa della presenza dei jihadisti e di conseguenza sono impossibilitati a ricevere prodotti alimentari e supporto medico.

La Somalia non è mai riuscita ad avere una struttura governativa stabile, prima contesa tra Italia Gran Bretagna e Francia e poi preda della guerra civile, negli anni è finita sotto il controllo di decine di signori della guerra che hanno finanziato le proprie milizie attraverso saccheggi, rapimenti, mercato nero, e traffico illegale di armi e di droga. Al momento la situazione continua ad essere cruciale ed il paese riesce a sopravvivere grazie agli aiuti umanitari ed alle organizzazioni che operano sul territorio anche se la vera soluzione può arrivare solo tramite la pianificazione di cambiamenti sul lungo termine.

Mohamud Mohamed Hassan, direttore di Save the Children per la Somalia, sostiene che l’aiuto dei donatori internazionali sia stato cruciale per supportare le organizzazioni umanitarie ad affrontare la crisi del suo Paese ma chiede di fare di più. «Ciò di cui la Somalia ha estremo bisogno» dichiara «non sono solo finanziamenti immediati, ma una rapida pianificazione a lungo termine un cambiamento del sistema per impedire che le conseguenze delle crisi continuino a colpire persone che non hanno fatto assolutamente nulla per contribuire alla fame o alla crisi climatica. Oltre a finanziamenti significativi per servizi immediati e salvavita, i donatori devono continuare a investire nell’allerta precoce e nell’azione preventiva per gestire meglio il rischio di crisi di fame e mitigarne gli impatti prima che sia troppo tardi. I finanziamenti umanitari reattivi da soli sono troppo lenti, inaffidabili e costosi e, in ultima analisi, inefficaci per affrontare le complesse crisi di oggi».