La storia della musica liturgica, dalla nascita del cristianesimo ad oggi

È appena terminato Sanremo, il Festival della canzone italiana, ma la musica – che per una settimana è stata la protagonista dello spettacolo – rimane e rimarrà ancora al centro della vita e delle giornate di ogni essere umano.

«La musica – diceva Platone – è per l’anima quello che la ginnastica è per il corpo», un vero e proprio energizzante che alimenta i nostri stati d’animo. Non a caso da sempre la musica ha un ruolo estremamente importante anche per la Chiesa, dove il legame tra canto e preghiera è indissolubile e diventa fondamentale nelle celebrazioni, a cominciare dalla Messa.

Nella Bibbia sono frequenti i passi in cui si ricorre alla musica per ringraziare il Signore, mentre i Salmi costituiscono un tipo di preghiera che veniva originariamente cantata, già ai tempi dell’Antico Testamento. Ancora oggi, il salmo può esser cantato durante la Messa. La stessa parola Salmo deriva dal greco psalmos (che significa “canzone accompagnata con l’arpa”) ed è una traduzione dell’ebraico mizmor, ossia “canto con accompagnamento”. La tradizione ebraica ha dunque influenzato notevolmente il cristianesimo dei primi tempi, anche nella liturgia. Infatti, non bisogna dimenticarsi che i primi cristiani erano in origine ebrei e il messaggio di Cristo si diffuse inizialmente in Palestina, Siria e nell’oriente dell’Impero Romano.

Nei primi III secoli dopo Cristo, la Chiesa siriaca di Edessa fu molto importante per lo sviluppo del canto cristiano. In quell’ecumene si sviluppò una letteratura tramite cui furono prodotti inni nello stile dei Salmi ebraici. Tra i maggiori autori legati alla Chiesa siriaca si possono elencare Bardesane e Sant’Efrem.

Dopo la diffusione del credo cristiano nel resto del Mediterraneo e dopo l’editto di Costantino, che rese il cristianesimo la religione ufficiale dell’Impero, nacquero diverse tipologie di musica religiosa. A Milano si distinse il canto Ambrosiano, nella Gallia quello Gallicano e nella Penisola iberica emerse il canto Mozarabico. Attorno al sesto e settimo secolo, tutti questi diversi stili di componimento convogliarono nel canto gregoriano e furono organizzati secondo una precisa struttura liturgica.

Proprio nel pontificato di Papa Gregorio Magno, il canto liturgico assunse forma tipica e definita per la Chiesa. In quel tempo apparvero le prime testimonianze della Schola Cantorum e venne riordinato l’Antifonario, ossia il libro che conteneva i testi dei canti liturgici.

La musica liturgica divenne coì sempre più una forma d’arte diffusa. Durante il Basso Medioevo ci furono abbazie famose per la composizione musicale, si pensi all’abbazia di Saint Martial nel Sud della Francia, dove i musici entravano in contatto con i pellegrini diretti verso Compostela. Anche Notre Dame di Parigi divenne famosa per la musica corale, con personaggi come il Magister Leoninus e il Magister Perotinus, tra i primi musicisti europei diventati celebri. In questi secoli si assistette in tutta Europa allo sviluppo dei canti popolari devozionali, che arrivarono a toccare anche registri meno solenni.

Profondi cambiamenti per la musica liturgica arrivarono nel periodo della Controriforma (nella seconda metà del XVI secolo). Le disposizioni per contrastare le idee di Lutero toccarono anche il campo musicale: furono proibite le melodie profane nell’ambito della liturgia, fu imposto il latino come lingua delle canzoni a Messa e all’interno delle chiese venne proibita ogni forma di musica strumentale, con l’eccezione dell’organo per alcuni brani. Nonostante le nuove regole, la musica liturgica continuò comunque a risplendere durate i secoli, tramite autori come Claudio Monteverdi e Antonio Vivaldi. Nel mondo protestante, invece, Johann Sebastian Bach ne fu uno dei maggiori interpreti.

Da fine ‘800 la musica sacra ebbe sempre meno spazio tra i musicisti, senza mai scomparire del tutto, e parallelamente furono riscoperte le sonorità dell’antica musica cristiana, soprattutto quelle gregoriane e rinascimentali. Con il Concilio Vaticano II, negli anni ’60, furono apportati cambiamenti alle regole liturgiche per avvicinare la musica religiosa alle comunità di fedeli: furono accettate a Messa canzoni nelle lingue parlate, e non solo in latino, e furono accolti altri strumenti durante la funzione religiosa, oltre l’organo.

Ancora oggi i fedeli acclamano Dio cantando. La musica liturgica ha ancora una forte valenza spirituale e simbolica, durante la messa e non solo. Per dirla con le parole di sant’Agostino: «Chi canta, prega due volte» anche perché «Il cantare è proprio di chi ama».

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