Il Cortile degli Studenti

Chi non ha partecipato dal vivo al Cortile di Assisi, forse non avrà auto modo di notare quanto, ma soprattutto come, si è parlato di giovani. Da soli o con gli amici, insieme ai genitori o ai loro professori, la presenza degli studenti nelle varie Tende è stata, per usare le parole conclusive del Cardinal Ravasi, “sorprendente, fittissima, attenta, colorata e calorosa”. Non solo nell’incontro loro dedicato – in cui si è discusso di “giovani tra fede e nichilismo” -, ma anche negli altri appuntamenti, sia quello più accattivante perché riguardante “il dialogo interreligioso e interculturale per la pace”, sia quelli solo apparentemente meno attraenti perché riflettenti sui temi “contemplazione e meditazione” ed “arte e fede”.

D’altronde lo stesso cardinale, in un passaggio estremamente significativo del dialogo con il presidente Napolitano, aveva manifestato verso i giovani “una considerazione che lo tormenta e su cui vorrebbe impegnarsi di più”, soprattutto perché appaiono come “spettatori esclusi, chiusi nella loro musica, quasi rinunciatari – forse anche per difesa – di fronte ad un mondo cui non appartengono”, quando invece bisognerebbe “faticare per capire il loro linguaggio diverso”, “investire e fare più Cortili dei Gentili dei giovani”.

Un auspicio? O una promessa? Bisogna comunque fare attenzione perché il linguaggio giovanile non tollera ambiguità e pretende che venga realizzato ciò che è stato evocato. Dunque il dado è tratto, ed ora, come ha detto Ravasi al termine dell’evento, “noi della generazione precedente – cultura laica e chiesa – non dobbiamo deluderli”.

Di certo, non è stato deludente, tutt’altro, il simpatico ed empatico duetto tra il cardinale e il filosofo Galimberti che si è svolto durante l’incontro intitolato “I giovani tra fede e nichilismo”. Duetto cominciato con un caloroso abbraccio ed un reciproco sorridersi, frutto, abbiamo poi scoperto, di un’amicizia mai interrotta e nata sui banchi liceali quando Gianfranco Ravasi ed Umberto Galimberti erano compagni di classe e, a detta del filosofo, il futuro cardinale già compiva atti di carità ‘passando’ la versione d’esame di greco al compagno in difficoltà…

Il professor Galimberti, quasi raccordandosi all’intervento suddetto del cardinale, ha avvalorato l’idea secondo cui i giovani si difendono (nascondendosi tra la ‘gente della notte’ link o si anestetizzano (con la droga o con la musica), proprio perché non si sentono spronati da un mondo che non li chiama per nome, né li considera interessanti né li impegna, condannandoli all’insignificanza. Di fatto divorati dall’ordine e dalla generazione precedente come avviene fin dai ‘mitici’ tempi di Urano, Crono e Zeus. Ed ha concluso domandandosi quale futuro possa avere una società che non usa, neanche per sbozzarla o limarla, il massimo della forza sessuale-procreativa ed intellettuale-creativa a sua disposizione: – Nessuno! -.

D’altra parte, il cardinal Ravasi, ampliando le considerazioni del giorno precedente e rispondendo all’amico Galimberti, ha innanzitutto confessato, con kierkegaardiano ‘timore e tremore’, di non essere in grado senza mediazioni di rapportare al proprio orizzonte quello giovanile – con il suo linguaggio e il suo modo di muoversi -, pur riconoscendone le interessanti originalità. E ha dichiarato, subito dopo, la necessità di impegnarsi per imparare ed approfondire, con il sostegno di un interprete, le culture giovanili. La Chiesa, infatti, deve sì custodire il linguaggio tradizionale, ma anche adottare quello di tali culture, soprattutto laddove vi siano degli aspetti positivi da cui imparare (1Ts 5,21).

Pensiamo, ha detto il cardinale, alla semplicità ed essenzialità della comunicazione, ovvero, ascoltando la musica di Amy Winehouse, alla giovanile “paura di camminare nella tenebra e di arrivare alla fine del vuoto, cosa che lei non voleva raggiungere”. Pensiamo quindi all’ambivalente reazione che i giovani (come gli adulti) hanno di fronte alle domande ultime – quelle che artigliano la coscienza -, a volte tralasciate per accontentarsi di quelle penultime, ovvie e mai inquietanti.

Ma, a tal proposito, valga un paradosso dello scrittore francese Jullien Green: “finché si è inquieti si è tranquilli”. L’applauso che ne è seguito ha sciolto l’ambivalenza nel senso del riconoscimento e della riconoscenza verso l’inquietudine del e nel vivere. Perciò, ha concluso il cardinal Ravasi, è necessaria una guida affinché i giovani affrontino la complessità della rete e sappiano, una volta usciti dal mondo virtuale, ritrovare quell’incontro fisico in cui incrociare, nonostante le rispettive ambivalenze, i due logoi. In questo senso, i giovani possono “diventare maestri per noi”, mentre hanno “l’umiltà di ascoltare quello che abbiamo da dire”. Doppio applauso. Reciproco.

sergio.ventura@cortiledeigentili.com