Catastrofi naturali dal Diluvio Universale a oggi

«L’uomo deve considerare la natura come un bene da tutelare e da proteggere, e deve agire in modo che le conseguenze delle sue azioni siano compatibili con il mantenimento della vita umana sulla terra» scriveva il filosofo tedesco Hans Jonas, parlando di una “nuova etica” di fronte a uno “spietato antropocentrismo”. Saper prevedere l’influenza che le nostre azioni potrebbero avere sulle sorti dell’umanità e del pianeta ci avrebbe forse risparmiati da eventi catastrofici a cui l’uomo ha assistito nel corso dei secoli? Probabilmente non da disastri naturali e imprevedibili che sfuggono al controllo umano, come un terremoto, un’alluvione o un tornado. Ma da fenomeni ambientali, causati dall’uomo e dalla sua attività, spesso con ripercussioni molto pesanti sull’ambiente circostante e la biodiversità come le perdite di petrolio in mare, gli incendi dolosi o le pratiche di deforestazione selvaggia, sicuramente si.

In passato le catastrofi naturali sono sempre state soggette ad un’interpretazione volta alla ricerca di un senso per capire cosa potesse provocare così tanto dolore a così tante persone, un’interpretazione quasi sempre di tipo religiosa: la catastrofe era considerata una punizione divina, come ad esempio il Diluvio Universale che il mito descrive come una grandissima inondazione voluta da Dio per distruggere l’uomo diventato malvagio e corrotto.

La diffusione di questa leggenda in culture molto diverse tra loro ha suggerito che possa esistere un fondamento di realtà; per questo negli anni molti storici hanno avanzato ipotesi in merito ad un diluvio realmente esistito che possa aver dato origine a quello descritto dalla Bibbia.

La nostra società moderna però non può convivere con questo genere di interpretazioni, perché presuppone che tutti i fenomeni possano essere spiegati attraverso relazioni di causa-effetto.

Questo accentua le aspettative nei confronti delle scienze naturali e della loro capacità di spiegare il mondo, specialmente negli ultimi anni in cui la corrente ecologista è riuscita a dare un senso a molte catastrofi trovando la loro causa scatenante nell’operato dell’uomo.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito ai drammatici eventi che hanno coinvolto alcune province dell’Emilia Romagna dove la pioggia di tre mesi si è riversata in un giorno e mezzo con una potenza rara portando all’esondazione di 23 corsi d’acqua, circa 280 frane, più di 400 strade chiuse e un bilancio delle vittime che continua a salire. A scatenare un tale disastro sono stati più fattori: in primis la conformazione del territorio. L’Emilia-Romagna è infatti una piana alluvionale che ha sempre presentato molteplici criticità a cui si vanno ad aggiungere le trasformazioni apportate dall’uomo che costruendo ha modificato l’assetto naturale del territorio – sigillandolo col cemento e peggiorandone la predisposizione al dissesto – che si è adattato di conseguenza.

Nel luglio 2022 un’intera sezione del ghiacciaio di Punta Rocca, sul massiccio della Marmolada, si è staccata provocando una frana di ghiaccio, acqua e roccia che ha travolto e ucciso 11 persone tra alpinisti ed escursionisti. Per quanto l’evento in sé sia ascrivibile ad una fatalità, è stato da subito chiaro il legame con le condizioni meteorologiche dell’estate 2022, considerata la più calda della storia. Le alte temperature, conseguenza del cambiamento climatico, hanno portato ad un progressivo assottigliamento e indebolimento dei ghiacciai delle Dolomiti e di tutto l’arco alpino.

Anche dietro ai circa 70mila incendi boschivi registrati in Amazzonia nel 2019, incendi dolosi provocati per fare spazio a terreni agricoli e all’allevamento dei bovini, si nasconde la responsabilità dell’uomo che con l’aumento delle temperature ha portato a condizioni di siccità che hanno favorito l’intensità di tali incendi.

Eventi di questo tipo che ora sono definiti estremi con gli anni lo saranno sempre di meno e la loro frequenza aumenterà col tempo. C’è bisogno, quindi, di prepararsi ad una nuova normalità, sfruttando al meglio la tecnologia a disposizione per comprendere meglio i rischi futuri e adeguarsi di conseguenza.