Bambini in fuga

Dallo scoppio della guerra in Ucraina, ormai due mesi fa, i bambini in fuga, secondo le stime Unicef, sono più di un milione e mezzo. Sono bambini che lasciano l’Ucraina insieme alle loro mamme, mentre i papà sono al fronte a combattere, o, più spesso, totalmente soli, affidati a amici, conoscenti, persone incontrate per caso, affidati ai soldati che vigilano le frontiere. Vengono allontanati dai luoghi di guerra dai loro stessi genitori che se ne se separano volontariamente, straziantemente, sperando che possano andare incontro a un futuro migliore.

I bambini rimasti bloccati nelle città teatro di guerra, invece, come calcola Save the Children, sono più di sei milioni e mezzo; i rischi a cui sono esposti di sfollamento, danni fisici e disagi psicologici sono incalcolabili. Sono bambini che sono costretti a sentire l’eco delle bombe ogni giorno, a correre sotto il fuoco e a scappare nei rifugi bunker sotterranei rimanendo chiusi lì dentro per giorni. I bambini morti o feriti, dall’inizio di questo conflitto, sempre secondo Save the Children, sono 400.

Questo capita perché stiamo assistendo, giorno dopo giorno, ad una sistematica violazione dei diritti umanitari internazionali, per cui zone abitate, ospedali e scuole vengono attaccate, persone comuni sono prese di mira e uccise, viene continuamente eluso il confine tra militare e civile, senza nessun rispetto. Ma la guerra non ha rispetto; per definizione, la guerra non rispetta, ma anzi schiaccia la pace, la vita, il futuro, e forse a pagarne il prezzo maggiore sono proprio i bambini.

Nel resto d’Europa ci stiamo concentrando molto sui fatti di cronaca, che regolarmente ci vengono trasmessi dai media. Siamo preoccupati delle conseguenze che il conflitto possa avere su di noi, anche indirettamente, con l’inflazione, la difficoltà di reperimento dei beni commerciali, le crisi economiche eccetera.  Guardiamo con paura all’escalation militare a cui stiamo assistendo, ci terrorizza l’atomica, e la possibile estensione del conflitto, con il paventarsi di una – terribile solo a dirsi – terza guerra mondiale. Ma facciamo fatica a focalizzarci sul fatto che la vita di milioni di persone, da due mesi a questa parte, è cambiata, e da un giorno a un altro è diventata un incubo.

Per noi è quasi impossibile pensare che ci sono bambini che non hanno più una casa o sono costretti a scappare via da quella che avevano, lontano dai genitori. Che non possono più andare a scuola, e rischiano la vita sotto i bombardamenti. A cui stanno strappando un pezzetto alla volta l’infanzia, la gioia, e nel peggiore dei casi il futuro.

Quello che facciamo fatica a concepire, poi, è che la guerra in Ucraina è sola una delle guerre che si stanno combattendo in questo momento; quella più occidentale, la più vicina a noi. Secondo i dati riportati dalla Ong, Armed conflict location & event data project (Acled), specializzata nella raccolta, nell’analisi e nella mappatura dei conflitti, al 21 marzo 2022 sono ben 59 le guerre attualmente in atto. C’è la guerra in Siria, quella in Yemen e quella in Afghanistan; le guerre in Nigeria, la guerra tra Palestina e Israele; la guerra in Etiopia, praticamente ignorata, e la guerra in Myammar, da molti definita “la più sconosciuta al mondo”, e tutti gli altri conflitti, di cui per la maggior parte noi non possediamo minimamente contezza.

In Ucraina sono sei milioni e mezzo i bambini che vivono ancora nelle zone del conflitto, molti dei quali proprio nelle regioni ad alto rischio di bombardamento, ma in tutto, nel mondo, quelli che vedono la guerra ogni giorno sono quasi duecento milioni.

Save the children ha individuato 5 rischi primari e fondamentali a cui sono sottoposti i minori che abitano in zone di guerra. Prima di tutti il rischio di morire e di rimanere feriti; poi c’è il rischio della fame e del freddo, per la scarsità di accesso a beni primari e fondamentali come il cibo e i vestiti; c’è il rischio di subire traumi psicologici permanenti, a causa dello stress di assistere in maniera prolungata, costante ed esclusiva ad atti di violenza; c’è il rischio di perdere anni di scuola, con il pericolo che la mancanza di istruzione possa gravemente compromettere il loro futuro; e , infine, c’è il rischio che questi bambini possano subire violenze di genere, violenze sessuali, o possano essere vittime di reclutamento minorile.

Ci sono, nel mondo in cui viviamo, bambini che ogni giorno sono costretti ad imbracciare un fucile, e vengono mandati a combattere.
Ci sono bambini che raccolgono mine, o bombe a grappolo inesplose, e lo fanno perché pensano che siano giocattoli.
Ci sono bambine che vengono stuprate dai soldati, rapite o schiavizzate.
Ogni giorno ci sono bambini che diventano orfani, o genitori che perdono i propri figli.

La retorica dell’“ogni giorno” è sfiancante. Quasi quanto quella del “nel resto del mondo”.

È vero che vorremmo non pensarci, concentrarci solo su ciò che vediamo.
È solo che succede, e ogni tanto fa bene ricordarselo.